La donna, quale mistero
ineffabile.
Dolce mistero della vita, cui s’attribuisce la colpa d’ogni tempo:
il tradimento, il peccato, la disubbidienza.
Forse, il vero peccato è
aver creduto che questa creatura fosse derivazione, dipendenza di un io
mascolino sicuro di sé.
Non c’è dubbio. Lo dice
anche la Bibbia.
«Allora il Signore Dio fece scendere un
torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole
e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che
aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo
disse: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta”».
Recita così il libro della ‘Genesi 2, 21-24’ a cui è ispirata la rivisitazione di Gaetano Giordano, noto fotografo bitontino,
che ha curato la terza installazione di “Tran-siti”
a cura dell’associazione culturale ArtSOB,
di Lara Carbonara e Lucrezia Naglieri, patrocinato dal
Comune di Bitonto, all’interno di Porta Baresana in piazza Cavour.
Abbiamo incontrato Gaetano per scrutare meglio la sua
visione del mondo, la sua fase artistica, il suo essere occhio, cuore, vita.
A
cosa ti sei ispirato per questa installazione?
«In
realtà a nulla. Ho agito direttamente, ascoltandomi.
Tutto
quello che esprimiamo lo facciamo in base a ciò che abbiamo dentro, tutto è una
conseguenza di meccanismi innescati dai percorsi della nostra esistenza che
determinano “lo stile”, o meglio, la sensibilità di un artista.
Sicuramente
però i miei studi in storia dell’arte hanno contribuito a sviluppare il mio
senso estetico e la mia propensione verso la bellezza nelle sue forme, nei
toni, nelle espressioni. Almeno ci provo.
Cosa
ha rappresentato “Genesi” per il tuo lavoro?
«Con
“Genesi” ho voluto interrompere un percorso scuro, una predominanza
nera che predominava nei miei lavori.
Una
sorta di fase catartica, ma senza volerlo, me ne sono reso conto soltanto dopo
di ciò che avevo creato».
E
quindi questa nuova fase cromatica, questa donna, cosa significano
artisticamente?
«Il
bianco è purezza, come il marmo, come la voglia o la necessità di nuovo.
La
donna per me è fondamentale, ha la capacità seduttiva e vitale nell’arte. Le
sue voluttuosità calzano a pennello con le mie fotografie, è un concetto
importante che cerco sempre di imporre nei miei lavori, sia per lavori
personali che per servizi di moda».
Spesso
oggi si fa coincidere la sensualità fotografica (e non solo) della donna con il
nudo, cosa ne pensi?
«Banalmente la sensualità viene concepita nel nudo, ma
è nel movimento di un’anca, di una mano, in uno sguardo, nelle pieghe della
pelle lungo la schiena. Non ho cercato sensualità. Per me è sensuale il letto
disfatto della seconda fotografia, le lenzuola sono di marmo e fissano su di
esse un’emozione».
L’istallazione è ancora visitabile.