Dopo gli appuntamenti, nei giorni scorsi, al Fablab e nelle frazioni di Palombaio e Mariotto, la rassegna “Arena Rogadeo” torna nel luogo in cui tutto è cominciato: l’atrio della Biblioteca Comunale “Rogadeo” (via G. Rogadeo, 52 – Bitonto), nel cuore del centro storico di Bitonto.
Questa sera a raccontarsi, con il giornalista e critico Domenico Saracino, ci sarà Vito Palmieri che porterà sul grande schermo bitontino “Il mondiale in piazza” (15 minuti), corto girato proprio nella sua città natale e vincitore del premio “MigrArti”, e “See You in Texas” (80 minuti), premiato – tra i tanti – allo Shangai International Film Festival.
Il film
Silvia e Andrea hanno poco più di vent’anni, sono innamorati. Vivono in Trentino. Come molti coetanei, amano andare per locali con gli amici e sono costantemente connessi ai social network. Diversamente dai loro amici, all’indomani di una notte brava, non potranno dormire fino a tardi, ma dovranno svegliarsi all’alba. I due ragazzi, infatti, hanno una fattoria e le loro giornate sono scandite da una routine implacabile. Oltre a quella per gli animali, Silvia coltiva anche la passione per il reining, una disciplina equestre per cui si allena duramente. Quando le si presenta l’occasione di andare a perferzionarsi in un ranch del Texas, Silvia va in crisi e non cosa fare: partire e mollare tutto o restare?
Note del regista Vito Palmieri
Il film è dedicato alla scoperta e al racconto di una storia attuale, odierna, che mantiene legami indissolubili (e a tratti imprevedibili) con il passato, dove i protagonisti mostrano attraverso le loro vite ordinariamente anomale cosa vuol dire realmente, nella pratica, essere i ‘ragazzi del Millennio’.
L’idea di realizzare questo film è nata da una proposta del direttore della fotografia Michele D’Attanasio, con il quale ho avuto modo di collaborare per i miei precedenti cortometraggi. Avendomi invitato per un sopralluogo a Roncone, un paese in provincia di Trento dove aveva girato un lungometraggio prodotto dalla Ascent Film, D’Attanasio mi ha presentato Silvia e Andrea, questa coppia di ventenni che aveva conosciuto durante le riprese, e da cui era rimasto molto incuriosito e affascinato.
La prima volta che ci siamo incontrati siamo andati insieme in discoteca. Solo a notte inoltrata, dopo aver avuto modo di constatare la loro passione per l’alcol e la loro propensione al divertimento, ho saputo che l’indomani si sarebbero dovuti svegliare all’alba per lavorare, e una volta domandato che lavoro facessero, la loro risposta mi ha lasciato abbastanza stupito. Quello che più mi ha colpito è la loro energia e il loro rifiuto a rinunciare agli svaghi e agli eccessi, seppur saltuari, di cui godono i coetanei che a differenza loro non sono vincolati a orari tanto ferrei e a uno stile di vita così rigidamente regolato. Nonostante siano apparentemente relegati nella valle, vincolati ai ritmi della terra e agli spazi della fattoria, Silvia e Andrea sono tutt’altro che esclusi dal resto del mondo: rimangono strettamente e continuamente connessi, informati, aggiornati, spessoanche solo per mezzo di uno smart phone, anche data la scarsa possibilità che hanno di spostarsi e viaggiare. Esercitano mestieri che sembravano obsoleti, inadatti ai giovani, destinati scomparire poco a poco, e stanno invece ridefinendo la fisionomia del mercato mondiale del lavoro; vivono un’esistenza ‘normale’, fatta di gioie, sacrifici, preoccupazioni, festeggiamenti, dilemmi e consapevolezze; interpretano lo spirito del tempo fornendo un esempio che è allo stesso tempo particolarissimo e universale.
Già con Il Valzer dello Zecchino – Viaggio in Italia a tre tempi, il mio primo film, avevo colto il pretesto dello Zecchino D’Oro per seguire tre famiglie, provenienti dal nord, dal centro e dal sud Italia, cercando di raccontare la preparazione dei bambini partecipanti all’evento canoro attraverso tre storie particolari che fornissero un modello della nostra società attuale. Inoltre anche per il mio ultimo cortometraggio, Matilde, selezionato alla Berlinale 2013, ho avuto modo di seguire la piccola protagonista che dà nome al film in molti momenti della giornata, dato che la storia stessa è fortemente ispirata alle vere vicende della bambina. Con il pretesto della storia di due ragazzi fuori dal comune, See you in Texas intende raccontare la situazione giovanile odierna. L’esperienza di Silvia e Andrea è un esempio estremo della tensione e dell’intersezione quotidiana tra la società digitale e la tradizione familiare, territoriale, in una dimensione ancora connessa alla terra e ai suoi cicli naturali.
Le forti contraddizioni che caratterizzano la generazione di Silvia e Andrea si manifestano qui in un’idea di progresso che mira al passato, una concezione di espansione statica: restare fermi in un punto per poter andare avanti, alternando e interpolando la novità con la tradizione, il mondo digitalizzato con il folklore, in una miscela che contempla ovunque tratti simili ma non risulta mai uguale a se stessa.
Ho scelto di girare in inverno per poter sfruttare le condizioni del paesaggio, particolarmente suggestivo in quel periodo, e per inquadrare un momento delicato e impegnativo della vita in fattoria, sostenuto dal fatto di poter collaborare con un direttore della fotografia che conosce bene le persone e le condizioni di luce, avendo già lavorato nella zona con la Ascent Film, la stessa casa di produzione di questo film, che ha già esperienza dei luoghi e sa come muoversi sul territorio. Silvia e Andrea si sono da subiti detti contenti del progetto e ben disponibili a partecipare, purché ciò non comporti in alcun modo distrazioni dal lavoro.