Bitonto ci ha sempre regalato dei figli meravigliosi, registi sopraffini che si sono distinti in Italia e nel mondo per i loro prodotti cinematografici.
Ma l’era di Terlizzi, Traetta, Mezzapesa, Palmieri, Piglionica, Fusaro, non è finita perché ci sono molti giovani esordienti che nulla hanno da invidiare ai più grandi e maturi maestri concittadini.
In foto, con i capelli quasi candidi (come se il pensiero colorato li avesse generati nel bianco pallore), c’è Saverio Cappiello, figlio della nostra terra, sincero amico di giovinezza.
Durante la formazione universitaria barese, l’accademia del cinema di Enziteto e il successivo trasferimento per la specialistica a Milano, Saverio aveva il sogno grande di fare della settima arte la sua ragion di vita e c’è riuscito.
È arrivato al Pesaro Film Festival con “Jointly Sleeping in our own beds” (Insieme ognuno nel proprio letto”, lungometraggio di 64 minuti graditissimo dalla critica.
Un film che nasce dall’urgenza di raccontare una nuova realtà che si dipana dinanzi i nostri occhi. Il regista segue il personaggio controverso ed affascinante di Pauline, una modella non professionista – una moderna femme fatale -, in una storia d’amore autobiografica con il film maker stesso.
Due personaggi di “nuova generazione” che provano a tirare avanti con lavori saltuari, spinti sì dall’utopia della energia giovanile, ma ridimensionati da una condizione di precarietà ed infelicità cronica.
La peculiarità del film sta nel fatto che Pauline e il suo amato regista non si sono mai incontrati nella realtà e sviluppano un legame a distanza tramite programmi di messaggistica istantanea.
«Non vuol essere una riflessione sulla pericolosità o, al contrario, sui vantaggi che queste nuove tecnologie portano nei legami odierni – ci spiega Cappiello -, ma si limita ad assumerli come fatti reali. Racconto un’esperienza amorosa, quasi magica, che è riuscita a crescere e poi appassire affrontando la quotidianità, la bellezza e i problemi della vita».
A fondo di riprese tra l’alba e il tramonto della relazione, Saverio è riuscito a dare un’onesta e completa diegesi dei due personaggi: «Mi piace pensarlo come un film sulla magia, non solo per le circostanze che l’hanno reso possibile, non per gli strumenti che hanno annullato la distanza di migliaia di chilometri tra i personaggi, ma perché tradisce il reale e si esprre con l’anagogia, con una tensione sciocca verso ciò che non è, verso l’universale».
L’urgenza del racconto non nasce solo dalla voglia di un racconto reale, ma anche dalla voglia di sbarazzarsene. Un contrasto che è alla base dell’estetica visiva ingenua ed inevitabile.
Saverio ce l’ha promesso: presto il film lo vedremo assieme a Bitonto. Noi lo aspettiamo a braccia aperte.