Sergio Rubini in scena a Bitonto.
Il celebre attore e regista è arrivato, venerdì scorso, nell’auditorium De Gennaro per esibirsi in uno spettacolo teatrale, dal titolo “Pensieri, parole, Musica”, i cui proventi saranno destinati al progetto di umanizzazione del nuovo reparto di oncologia presso l’ospedale “Di Venere” di Bari.
L’evento è stato organizzato dal comitato “Passioni in azione” con il coordinamento artistico di Emanuele Saponieri.
Lo spettacolo porta in scena alcuni racconti, del pugliese Matteo Salvatore, cantastorie di Apricena che, nelle proprie opere, ha raccontato la vita dei contadini negli anni ’50 e ’60, piena di fatiche, fame e miseria, ma anche di valori, orgoglio e umanità.
Da parte di Rubini anche un omaggio ad uno dei massimi esponenti della tradizione napoletana e della commedia italiana del Novecento, Eduardo De Filippo, recitando una parte dell’opera “De Pretore Vincenzo”.
Non è mancato, infine, da parte dell’artista di Grumo Appula, l’omaggio al proprio paese natale. Rubini ha, infatti portato sul palco un testo dedicato ai soprannomi ricorrenti nella cittadina in provincia di Bari. Soprannomi molto diffusi nella nostra realtà, essendo frutto di quell’antica tradizione che indicava,attraverso l’uso di nomignoli, le famiglie e i diversi rami.
Nomignoli che traevano origine da caratteristiche fisiche o morali delle persone.
Lo spettacolo di Rubini è stato accompagnato, oltre che dalla proiezione del video“Hopelogy”, spaccato sulla realtà del reparto di oncologia del “Di Venere”, dalle musiche dei maestri Michele Fazio e Anna Maria Rosafio, e dalle interpretazioni musicali del soprano Anna Maria Alessio, aventi come protagonista l’amore, in tutti i suoi aspetti.
Dall’amore tradito di “Voi lo sapete o mamma”, romanza tratta dall’opera in atto unico “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni, ispirata all’omonima opera di Verga, all’amore devastato dalla guerra narrato da Giacomo Rondinella in “Munasterio ‘e Santa Chiara”.
Dall’amore gioioso raccontato nella romanza “Musica proibita”, tratta dall’opera del torinese Stanislao Gastaldon, a quello tormentato di “Pleurez mes yeux”, ispirata all’opera di Corneille “Le Cid ou l’honneur Castillan”, e quello immenso cantato in “Un amore così grande”.