La produzione Taodue dopo anni di “Squadra antimafia”, “Distretto di Polizia”, torna con una fiction antologica dal titolo “Liberi Sognatori”. Quattro film di chiaro impegno civile che raccontano la nostra storia più recente per insegnare “contenuti etici profondi, con un linguaggio emotivamente coinvolgente ed in grado di parlare alla coscienza degli spettatori, soprattutto i più giovani”, dichiarano.
Dopo i primi tre episodi, “A testa alta”, ispirata alla vita dell’imprenditore Libero Grassi interpretato da Giorgio Tirabassi, “Delitto di Mafia”, del giornalista Mario Francese interpretato da Claudio Gioè, “La scelta”, della poliziotta Emanuela Loi interpretata da Greta Scarano, arriva “Una donna contro tutti”, che vede come protagonista Cristiana Capotondi e come coprotagonista Gianni Lillo (Filograna) e nel ruolo del sindaco Mimmo Mancini, entrambi bitontini.
La storia è della 33enne Renata Fonte, l’assessore di Nardò assassinata dalla mafia il 31 marzo 1984 mentre rincasava con l’unica colpa di aver difeso il territorio dalla speculazione edilizia, a pochi giorni dalla presentazione dell’adeguamento del piano regolatore. La donna, eletta nel Partito Repubblicano Italiano nell’1982, entra in consiglio e nella commissione per l’ambiente e la conservazione naturale di Portoselvaggio, parco naturale noto per le sue incontaminate bellezze, ma da sempre preso di mira dalla speculazione edilizia, dalle lottizzazioni selvagge e da imprenditorie senza scrupoli per i quali la Fonte risultava “scomoda”. Renata, però, attorno a sé vedeva crescere il consenso da parte della della gente comune, delle associazioni ambientaliste, della stampa e dell’opinione pubblica. Questa sensibilità, l’onestà intellettuale, l’azione politica intesa come la più alta forma di servizio reso alla propria comunità e l’amore per il suo paese le costarono dapprima le sue relazioni, prima con il partito, poi con il marito Attilio (interpretato da Giorgio Marchesi), e poi la vita.
L’omicidio, vista la separazione matrimoniale, fu visto in un primo momento come un delitto passionale ma grazie all’impegno del Commissariato di Polizia e alla testimonianza di due donne, si giunge alla verità: il mandante era un suo collega di partito ma dietro, in realtà, c’erano gli interessi oscuri della criminalità organizzata. Furono arrestati e condannati gli esecutori materiali, Giuseppe Durante e Marcello My, e le figlie hanno dovuto combattere affinché fosse riconosciuta come vittima di mafia.
Il nostro Mimmo Mancini interpreta il ruolo del sindaco di Nardò e lo vediamo nelle prime scene del film mentre nomina Renata (la Capotondi) assessore della giunta. Per Gianni Lillo, una parte più centrale che sarà quella del consigliere comunale Filograna, che si vedrà nei lavori di commissione al fianco della Fonte.
«Durante le riprese il vecchio Filograna è passato di lì – ha raccontato ai nostri taccuini Lillo – e mi sono raggelato per un attimo: ci siamo guardati intensamente, ma non ci siamo parlati. Non parlò con la Polizia all’epoca dei fatti, figuriamoci in questa occasione. Lui è chiave della storia, è stato omertoso e non ha avuto il coraggio di denunciare. Spero ci sia una nuova chiave di lettura e la gente capisca che non è certo comportandosi come Filograna che la gente riesce a salvarsi, anzi si muore soltanto».