In “Quaranta… ma non li dimostra”, commedia in due atti di Peppino e Titina De Filippo messa in scena domenica sera a Mariotto, nel giardino di Villa Jannuzzi, l’associazione culturale Mariott’Arte ha fatto rivivere la tenera vicenda familiare di Sesella (Carmela Moretti), mite “zitella” ormai quarantenne, e Don Pasquale (Giuseppe Grasso), padre apprensivo di cinque figlie, con il cruccio di maritare Sesella, la più grande delle cinque.
La rappresentazione, che scorre nell’alveo della tradizione teatrale e narrativa partenopea, ha proposto il milieu meridionale medio – borghese, sentimentalistico e un po’ affettato, che fa da sfondo alle nuove tendenze sociali e aspirazioni individuali che maturano a partire dal secondo dopoguerra.
Si conferma, una volta di più, la bravura e la buona versatilità degli attori protagonisti. Giuseppe Grasso, la cui prova di buon livello artistico dice di una seria formazione che in questi ultimi anni va compiendo, fa tessere a Don Pasquale il notevole intreccio di narrazione e psicologia. La resa scenica è apprezzabile, l’avvilimento del paterfamilias diviene esplicito leitmotiv scenico, uno psicanalitico transfert verso un pubblico che si vuole analista simpateticamente complice.
Se questo processo è riuscito, il buon fine si deve a Sesella, che sa essere Sesella grazie all’ennesima, riuscitissima prova hors catégorie di Carmela Moretti, la cui efficacia è nella mimica come nella fisicità della voce, in un linguaggio espressivo compiuto e molto apprezzato dal pubblico. Non c’è gradazione scenica o creazione estetica originale ad assecondare il cambiamento in atto nella protagonista. Sesella, semplicemente, non teme edulcorazioni, la sola contraffazione del personaggio è nell’evidente bravura dell’attrice mariottana. Arriviamo così al tourbillon degli equivoci, che presto si scatena: Sesella ama, non riamata, il giornalista Giacomelli, che spasima invece dell’altra figlia di Don Pasquale, Carmela. Sesella si avvelena d’innocenza e s’illude, poi smette la rassicurante mise da domestica per ammantarsi di un look più in linea con i tempi, ma goffo e svampito, con tanto d’improbabile (e malferma) sigaretta in bocca.
I preparativi fervono, tra inviti e formalità preliminari alle agognate nozze. L’equivoco, però, verrà a galla e s’incaricherà di tarpare a Sesella le ali del suo più bel volo, riportandola infine all’abituale ménage. Ecco, in quel subitaneo, e inusitato, contrasto di luci nella vita di Sesella (la luminosa che si accende e non si accende…) è l’eloquenza di un messaggio anticonformistico: le scelte cruciali richiedono il coraggio di una decisione “altra”, per quanto apparentemente conservatrice.
Sesella mostra un freddo cipiglio nel ripristinare l’equilibrio nella sua esistenza. In fondo cosa aveva turbato quel conformismo se non un altro conformismo, e cioè quello della nuova moda che standardizza i modi? Il commiato di Sesella è una dignitosa tenerezza, non banale, né innocente. L’arte degli equivoci si è conquistata la scena con una rappresentazione non indegna di un trattato di sociologia. Sesella, col suo domestico “esilio”, rimane il sottile enigma che la commedia non può risolvere con la calligrafia ma solo, e in minima parte, attingendo a quanto di più realisticamente biografico ci sia nel personaggio. Qui finisce la ricerca, proprio dove cominciano le luci, e l’incanto, del proscenio.
Mariott’Arte replicherà a Bitonto con due spettacoli presso l’Auditorium del Sacro Cuore alle ore 17:30 e alle ore 20:00.