Si è parlato di Bitonto nell’era del feudalesimo durante il
sesto appuntamento con Historia Magistra. A spiegare la storia del Medioevo
locale sono intervenuti Marco Scattarelli e Alessandro Sblano,
dell’associazione Impuratus, che dal 2012 si occupa di attività di studio e di
rievocazione del Medioevo.
Il feudalesimo fu il
sistema giuridico-politico che caratterizzò il periodo medievale, finchè la
rinascita delle città e dell’economia monetaria non ridimensionò questa
istituzione.
Si reggeva su un forte
rapporto con la Chiesa, «un rapporto di reciproco scambio e di protezione» come
spiega il relatore Alessandro Sblano, aggiungendo che, in fin dei conti, «non è
molto diverso dal rapporto odierno tra Stato e Chiesa Cattolica».
«Per sottrarsi ai vincoli
imposti dal potere feudale e dall’autorità imperiale, i nuovi ceti urbani, nel
XIII secolo, introducono una nuova forma di governo locale – aggiunge Sblano –Nasce così il Comune, che si sviluppa inizialmente nella parte centrosettentrionale
della penisola italica. Nel Sud, invece, c’era una situazione di anarchia, a
causa delle scorribande di eserciti che da sempre si facevano guerra: longobardi,
saraceni, bizantini e normanni. Era un mosaico di zone controllate da eserciti
diversi».
Durante la discussione si è
parlato anche della nostra città. Come spiega infatti Marco Scattarelli, «Bitonto
era molto ricca. Era un forte centro di controllo, meta di traffici
commerciali, tanto che si hanno notizie di un castello già dal 900. Un castello
con ben 25 torri. Fu teatro di continue battaglie che portarono alla cacciata
dei bizantini, da parte di Melo da Bari e dei normanni, e in seguito alla
sconfitta dei saraceni. I longobardi, inoltre, avevano perso gran parte del
loro potere».
Furono dunque i normanni,
attraverso Roberto il Guiscardo, a prendere il controllo di buona parte dell’Italia
Meridionale. Ed è in questo periodo che si ha notizia, come spiega ancora Sblano,
che si ha notizia del primo feudo a Bitonto, fino al 1030.
«Bitonto fu molto legata
alla figura di Federico II di Svevia – continua – Egli riuscì a sintetizzare le
varie culture presenti nel territorio (normanna, araba, bizantina e longobarda)
realizzando una struttura burocratica che le coordinasse al meglio. Si accordò
con il clero e con le forze locali presenti nel territorio per mantenere il
controllo. Tutto questo continuò con il figlio Manfredi, finchè non furono i D’Angiò
a raccoglierne l’eredità».
In tutto questo periodo la
Chiesa fu una figura centrale, come ribadisce Scattarelli, sottolineando che «grazie
al suo potere clientelare, il potere temporale della Chiesa ha sempre avuto un
ruolo importante».