È
il 16 marzo 1978. Aldo Moro esce dalla sua abitazione e sale su una
Fiat 130 che viene intercettata da un commando delle Brigate rosse,
all’incrocio tra via Mario Fani e via Stresa. Nel giro di pochi
minuti si consuma una tragedia che segnerà per sempre il nostro
Paese: gli uomini delle Br uccidono i cinque uomini della scorta e
sequestrano il presidente della Democrazia Cristiana. Che sarà
trovato morto 55 giorni dopo, il 9 maggio, in via Caetani.
La
vicenda dello statista leccese (proprio quest’anno ricorrono i cento
anni dalla nascita) non è solo una vicenda politica, ma una storia
italiana che, ancora oggi dopo 38 anni, non ha ancora ricevuto le
risposte che merita. Quei 55 giorni costituiscono una zona d’ombra
che segna inevitabilmente ancora oggi il nostro Paese e sui cui sono
ancora molte, forse troppe, le illazioni che vengono fatte. Tra
coloro che gridano al complotto estero e quelli che, invece, puntano
ad attribuire la colpa alla “mamma
Italia“,Nicola Lofoco riesce a ripercorrere quegli istanti con fermezza e
lucidità grazie a un’analisi attenta e certosina dei documenti e
delle vicende che riguardano l’affaire Moro.
Un
lavoro che, dopo averlo effettuato già un anno fa, lo ha ripetuto
anche con il libro “Cronaca
di un delitto politico. Versioni controcorrenti alle tesi del
complotto sull’omicidio di Aldo Moro e della sua scorta”, edito
da Les
Flaneurs.
Anche
in questo volume, Lofoco (giornalista che ha collaborato con i
quotidiani “Il
Riformista”
e “La
Rinascita”
dove si è occupato di politica estera e storia contemporanea.
Attualmente scrive per il blog dell’Huffington Post), analizzando
tre date significative (il 16 marzo, il 18 aprile, il 9 maggio)
sottolinea come gli esecutori dell’omicidio Moro siano stati soltanto
i brigatisti. Senza se e senza ma.
Il
libro sarà presentato domani sera, alle 18.30, nel Salotto
letterario “Centro Studi
De Gennaro”,
in un evento organizzato dalla libreria del Teatro.
Dialogherà
con l’autore Michele Cotugno Depalma, giornalista