Quattro anni fa ebbi l’onore, di ascoltare
il grande maestro Giorgio Albertazzi,
che fu ospitato presso il Teatro il “Carro dei Comici”, in occasione del progetto
“Futur@” promosso dal comune di Molfetta e sostenuto dal Dipartimento della
Gioventù Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’Anci (Associazione
Nazionale Comuni Italiani) sulla creatività giovanile.
Salimmo sul suo cavallo e diventammo, insieme
a lui, folli protagonisti di una splendida avventura nei meandri di una delle
opere più poliedriche di Shakespeare, L’Enrico IV, il dramma storico a metà tra
la multiforme ricchezza cromatica del “chronicle
play” e la forza dinamica del dramma “marlowiano“,
che raffigura una realtà teatrale, a un tempo molteplice e unitaria, con un
unico tema: l’allegoria morale dell’ascesa e caduta dei potenti.
Lo stage, dal titolo “Shakespeare chi? Dal
Globe al villaggio globale”, affrontò un tema importante e fondamentale che
riguarda, non solo il teatro, ma anche la vita odierna: il potenziale
giovanile, al fine di avvicinare i giovani talenti del territorio alle arti
figurative.
“Mi
piacciono le persone indipendentemente dall’età- confessò Albertazzi-. Alle volte uno di 70 anni è più giovane
di uno di 20. La giovinezza non ha età, dice Picasso, ed è vero, una persona è
giovane se ha la giovinezza nel cuore”.
Quelle parole mi toccarono l’anima e le
ricordo ancor tutt’ora.
Alle volte capita di giudicare una persona
in base all’età, dimenticando che essa è solo un numero che accompagna la
persona, mentre in realtà si invecchia solo quando si smette di guardare la
bellezza negli avvenimenti che circondano la nostra vita.
“Il
teatro è vedere guardando al di là di un muro. E’ fisicità, un arte corporea”, aggiunse
convinto. E in quel momento mi soffermai a pensare a quanto fosse vera quella
frase. Nel teatro, come nella vita, calarsi nel personaggio è importante, ma
mantenendo sempre quel briciolo di autenticità che caratterizza la personalità di
chi interpreta e cerca di vedere oltre le pareti che, spesso, ci appaiono
durante il nostro tragitto.
Tra le foto e le mille domande che ognuno
di noi cercava di porli, esordì a proposito delle donne dicendo che “senza di esse il mondo sarebbe stato scuro,
una stanza buia, perché le donne sono coloro che aprono la finestra”. Come
ricordiamo, la sua vita è sempre stata attorniata da tante donne. Si è sempre
paragonato a Casanova, il celebre poeta seduttore del 700,perché è una
persona che ha sempre amato la bellezza femminile, ma senza mai vantarsi, anzi,
accettando anche le sconfitte.
Prima di andare via, gli fu chiesto che
augurio avrebbe voluto lasciare ai giovani, ed egli rispose convinto, con una
sottile vena d’ironia, che “non avrebbe
voluto lasciare niente, solo la voglia di voler restare con lui ancora e ancora,
in modo da poter sempre imparare qualcosa di nuovo”.
E c’è riuscito, perché grazie alla sua
bravura, alla sua versatilità, al suo coraggio e alla sua ironia che hanno
fatto di lui il maestro del teatro nazionale, resterà
sempre nei nostri pensieri.