La
storia è nota.
Il 24
maggio 1915, un secolo fa, l’Italia scendeva in campo nel primo
conflitto mondiale a fianco di Francia e Gran Bretagna, con cui
andava a formare la Triplice Intesa.
Già,
quella “grande proletaria” di pascoliana memoria s’era (ri)mossa.
Era rimasta a guardare per quasi un anno (la Grande guerra era
iniziata l’estate precedente), riparandosi nel tempo di un’attesa
breve e controversa.
Poi il
grande passo. Il patto di Londra, firmato in gran segreto nell’aprile
1915 che doveva darci (ahinoi, non è stato mai rispettato) alcuni
territori. Il “giro di valzer” con gli ex alleati Austria e
Germania. Stracciata la Triplice Alleanza del 1882.
Il
primo conflitto mondiale, allora. Non bazzecole, aldilà delle cifre
sui morti (8 milioni e mezzo, 20 milioni i feriti). Il mondo non sarà
più lo stesso: distrutta un’intera generazione, si modificano le
percezioni, i linguaggi, gli strumenti di comunicazioni e confronto.
Anche
Bitonto ha pagato un prezzo alto. E i numeri di chi ci ha lasciato le
penne (quasi 400) contano fino a un certo punto. Per capirlo, basta
recarsi al Torrione dove, da qualche giorno e fino a sabato, è
visitabile “Bitonto nella prima guerra mondiale: fonti pubbliche
e private”, la mostra
documentaria sulla mobilitazione della cittadinanza bitontina in
occasione della grande guerra.
Curata
da Domenico Elia, la ricerca si basa sul ricchissimo materiale
conservato nell’Archivio storico comunale, cerca di approfondire lo
stato degli studi tra storia locale e nazionale (fermo al libro “La
Puglia e la guerra mondiale”
di mussoliniana memoria), e di dare un quadro più completo di quella
che era la vita nella città dell’olio ai tempi del primo conflitto e
con le sue problematiche.
Scopriamo,
per esempio, che un numero molto alto di donne richiese di poter
eseguire lavori tessili per confezionare le divise per i soldati
impegnati al fronte. Con tanto di tariffario.
Non
solo.
L’agricoltura
fu seriamente danneggiata durante il periodo bellico. I provvedimenti
governativi, infatti, limitarono l’esportazione olearia sia verso gli
acquirenti esteri sia per quelli interni e provocarono una crisi di
sovrapproduzione del settore oleario e la necessità drammatica di
avere licenze agricole (numerose le lettere arrivavano al sindaco
dell’epoca, Vincenzo Modugno)
Già,
le licenze agricole. Erano concesse soltanto ai militari di
professione agricola, e potevano essere richieste dai conduttori di
aziende, dai salariati o da quelle piccole imprese a conduzione
familiare, ma solo se prive di uomini dai 16 ai 65 anni.
I
documenti, inoltre, testimoniano anche il clima nevrotico presente
nei civili durante gli anni del conflitto. E che costrinse il primo
cittadino, il 26 giugno 1915, a emanare un’ordinanza nella quale si
proibiva «in modo assoluto di far fuoco contro aeronavi
portanti evidenti segni della nazionalità italiana. Il fuoco contro
aeronavi presunte nemiche non può essere ordinato se non da
ufficiali».
Le
carte profumano anche di altro. Della usanza delle donne di riunirsi
in piazza Castello per cantare l’Ave Maria e Salve Reginaalla madonna di Porta Baresana.
Della
mancanza del pane, che era nero come il carbone e si comprava solo
con la tessera. L’acqua arrivò nel 1916 e le fontanine gocciolanti
furono l’unico pubblico sollievo.
Dell’opposizione
a far chiudere le scuole e darle alle autorità militari e le aspre
polemiche contro il Clero dell’epoca, i vescovi e i suoi sostenitori.
Della
pratica della scrittura delle lettere abbracciata dai soldati
impegnati sul fronte. Alcune – pubblicate dall’allora “Corriere
delle Puglie” – cercavano di inculcare la necessità
dell’ingresso in guerra dell’Italia.
Della
casa del soldato, inaugurata nel 1917. Della triste sorte del
monumento ai caduti, che doveva sorgere a Porta Baresana ma, dopo una
vicenda assurda, fu decapitato «in una notte senza luna
dell’autunno 1940».
«La
mostra – è l’opinione di Nicola Pice, presidente della
fondazione “De Palo-Ungaro” – è l’avvio di un percorso di
conoscenza di episodi che lega Bitonto alla prima guerra mondiale».
La
mostra è aperta dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13 e dalle
17 alle 21 fino al 30 maggio.
Il
prossimo anno scolastico sarà itinerante nelle scuole, ma soltanto
su richiesta.