Una timidezza sufficiente a non
ostentare il suo successo. Se non fosse che i suoi successi parlano da soli. Vito Palmieri, altro artista a cui Bitonto vanta di aver dato i natali, è
stato ospite del sesto appuntamento di Arena Rogadeo con alcuni dei suoi
lavori più celebri, individuati e selezionati – nonostante la vasta scelta – poiché
funzionali a sintetizzare un percorso di crescita professionale avviato a
diciotto anni con il trasferimento a Bolognae l’iscrizione al Dams.
Restio a parlare di sé, il regista
e produttore lascia che le immagini e la bellezza che ne promana dicano molto
sulla sua personalità. La capacità di guardare la realtà sempre da una
prospettiva diversa da quella comune si associa, nei lavori di Vito Palmieri,
ad una grande delicatezza nell’accostarsi a temi di scottante attualità: il
sacrificio di giovani ventenni sempre divisi fra il desiderio di vivere la
propria adolescenza di notte e la necessità di occuparsi della fattoria di
giorno; la crescita e tutto ciò che essa comporta, compresa la difficoltà nella
gestione dei rapporti familiari; la sordità infantile e il bisogno di esprimere
ugualmente le proprie esigenze avvalendosi di mezzi alternativi; il senso di
alienazione consequenziale al trasferimento dal paese d’origine in un nuova
terra e la complessità dell’integrazione. Palmieri arriva al cuore del
problema, ne tralascia tutte le componenti superficiali, per analizzare
piuttosto il modo in cui i protagonisti – tutti caratterizzati da un’umanità
semplice e diretta – reagiscono e si approcciano alla realtà in cui sono
calati.
L’idea di proporre una proiezione
che seguisse una cronologia “inversa”, messa a punto dalle correlatrici
dell’incontro Viviana Minervini – presidente dell’associazione Just Imagine – e
la video maker Giovanna Delvino, è risultata del tutto originale e indovinata.
Con “See
you in Texas” del 2016, primo lungometraggio e film documentario
dell’artista, è stato mostrato anzitutto l’approdo di un “tirocinio”
cinematografico espletato attraverso la realizzazione dei precedenti
cortometraggi, che sono stati presentati al pubblico subito dopo.
Iscritto al concorso Golden
Goblet Award del 19° Festival Internazionale del Film di Shanghai, Palmieri ne
è risultato vincitore con See you in Texas dopo cinque anni dalla vittoria di
un altro regista italiano e vi si è recato “per
sole cinque ore” come egli stesso ha sostenuto «giusto in tempo per ritirare il premio e volare di nuovo in Puglia,
dove stavo ultimando le riprese di una commedia sentimentale “Il giorno più bello” che ha fra gli
attori protagonisti Michele Venitucci,
proposta da due produzioni e da Rai Cinema e presentato all’Apulia Film Commission, per cui ho
collaborato con un cast vero e proprio di quaranta persone». Insomma, come
se non bastassero sorprese e novità nella sua corsa instancabile verso la
scoperta di orizzonti sempre nuovi, un pugliese – dopo essere stato conquistato
dai panorami d’Occidente – affascina
l’Oriente ed esporta il suo talento ove può.
E se di corsa si parla, non si
può far finta di non accorgersi di questa immagine costante nelle sue
produzioni. Forse ispirato indirettamente dal regista, sceneggiatore e
produttore cinematografico francese Truffaut,
Vito Palmieri predilige sempre scene movimentate, personaggi in corsa; manifestazioni di cambiamento o ricerca
continua di ciò che ancora non si possiede? Rimane un mistero, irrisolto forse
persino per l’artista stesso.
Eppure Teresa, in “Giorni
marziani”, corre dopo aver fatto un dispetto a sua cugina Alice, con
cui nel tempo e durante i differenti percorsi di crescita si è smaterializzata la
complicità costruita da bambine, quando entrambe sognavano un mondo migliore su
Marte. “Matilde” corre fra la scuola, dove i rumori prodotti dalle
sedie dei compagni disturbano ulteriormente la sua condizione di audiolesa, il
campo da tennis, dove raccoglie le palle perdute durante i match, e casa, dove
– sviluppando un intuito sopraffino – escogita una soluzione al fastidio che
avverte in classe. Anita, in “Se ci dobbiamo andare, andiamoci”,
figlia di genitori di origine pugliese, cammina velocemente per raggiungere un
compagno “casualmente” di origine bitontina, con cui condivide il disagio
derivante dall’integrazione in un contesto altro da sé. Alessio, in “Anna
bello sguardo”, ultima chicca con cui è stato chiuso l’incontro, dopo
aver conosciuto Anna, corre romanticamente con lei mano nella mano, per
sorprenderla e portarla ad ascoltare “Anna
e Marco” di Lucio Dalla in Via d’Azeglio dove risiedeva il
cantante e dove – a sei mesi dalla scomparsa – hanno riprodotto tutti i pomeriggi
alle 18.00 le sue canzoni.
Un cammino di fascino e
riflessione, di capacità e sperimentazione quello di cui ieri è stato testimone
Vito Palmieri. Con la sua attenzione ai dettagli, agli sguardi nascosti, alla
vergogna intimamente covata, ai sogni quasi del tutto taciuti, agli auspici dei
grandi e dei bambini ci ha fatto entrare in una dimensione inconsueta, dalla
società sempre e solo sfiorata. E poiché l’artista ha già esplorato mondi
esterni e interni a cui molti ancora non sono giunti, l’augurio è che possa
arrivare – con le sue corse – a conquistare obiettivi ancora inaspettati.
Just Imagine vi aspetta con l’ultimo
incontro lunedì 26 settembre, di cui
sarà protagonista il regista bitontino Pippo
Mezzapesa.