Il 12 dicembre 1250, nell’agro dell’odierna Torremaggiore, nell’attuale Provincia di Foggia, lì dove un tempo sorgeva Castelfiorentino, di cui oggi non rimangono che ruderi, moriva Federico Ruggero Costantino di Hohenstaufen, noto ai più come Federico II di Svevia, nominato nel 1211 imperatore del Sacro Romano Impero. Figura da sempre al centro di diverse interpretazioni non sempre veritiere.
«Un personaggio poliedrico, che ha inciso profondamente non solo nella storia dell’Europa medievale, ma anche in quella successiva, perché ogni storia è storia contemporanea» ricordò il professor Pasquale Corsi, docente emerito di Storia Medievale all’Università di Bari, ospite a Bitonto il 16 aprile.
Cadde vittima di una grave patologia addominale, durante il suo soggiorno in Puglia. Forse cause naturali portarono via il sovrano. Ma, come per molti potenti che muoiono improvvisamente, diverse voci, nei secoli, hanno evocato sospetti sulla naturalezza della sua dipartita. Avvelenato dal medico di corte o dal servitore? Soffocato con un cuscino dal figlio illegittimo Manfredi? Un complotto?
Nulla di confermato. L’unica cosa certa è che le sue condizioni apparvero sin da subito così gravi che si rinunciò a portarlo nel più fornito Palatium di Lucera e la sua corte fu costretta a riparare nella domus di Fiorentino, borgo fortificato non lontano dalla sede imperiale di Foggia.
A provare a ricostruire la sua notte fatale è stato, venerdì scorso, il professor Nicola Fiorino Tucci, con “L’ultima notte di Federico”, dramma teatrale da lui scritto e andato in scena nel Teatro Traetta. Iniziativa realizzata in collaborazione con l’Associazione dei Docenti di Bitonto e il Primo Circolo Didattico Nicola Fornelli.
Un omaggio, quello del professor Fiorino Tucci, ad un personaggio che «ha segnato profondamente la storia nostra e del nostro territorio», come spiegò nel convegno introduttivo del 16 aprile.
Sette sono i personaggi che accompagnano il sovrano negli ultimi momenti di vita, secondo la storia scritta dal docente bitontino, liberamente ispiratosi ai documenti giunti sino ai giorni nostri: Berardo di Castanea (Lillino Sannicandro), arcivescovo di Palermo, il suo maggiordomo Guido (Pasquale Mossa), la sua quinta moglie Bianca Lancia (Leda Iride), l’astrologo di corte, mastro Teodoro (Antonio Adriani), Ciullo da Trani (Marino Pagano), intellettuale e poeta di corte, il medico Pietro Ispano (Mario Sicolo) e Manfredi (Dario Ricci). Personaggi che si riuniscono a Castelfiorentino in attesa della morte del re, rivelando simpatie e rancori, veleni, sospetti che si rinfacciano l’un l’altro. Celando una cupidigia e un’invidia del potere che non affligge solamente chi quel potere ce l’ha in mano, ma anche chi vive intorno al potente, servitori e familiari, pronti ad accusarsi l’un l’altro mentre, sullo sfondo, Federico II affronta il momento più drammatico della vita di ciascuno di noi: la morte.
Narratore è il monaco profeta Gioacchino Da Fiore, interpretato da Giuseppe Ricci.
Il dramma sarà replicato il 1 luglio a Castel del Monte.