Un volto insanguinato sbuca dal bagagliaio di una Fiat 127 bianca.
È e resterà l’immagine simbolo di uno dei crimini più efferati della storia italiana, che la mattina del 1° ottobre 1975 ha portato alla luce un massacro avvenuto in una villetta del Circeo. Botte, violenze e torture che ha portato alla condanna di tre giovanissimi romani, Angelo Izzo (20 anni), il 19enne Gianni Guido e Andrea Ghira, 22 primavere alle spalle. Due hanno conosciuto il carcere, mentre il terzo è stato latitante.
Nel bagagliaio dell’auto due ragazze, sempre nel fiore dell’età: Rosaria Lopez, 19 anni, uccisa dal gruppo, e Donatella Colasanti, 17 anni, riuscita miracolosamente a sopravvivere soltanto perché si è finta morta per ore.
Una vicenda di cronaca raccontata da libri e documentari e che è diventata un film visto che, dal 7 ottobre, è nelle sale cinematografiche – ma non per i 18enni, perché la visione è disponibile solo per i maggiorenni – con “La scuola cattolica”, film di Stefano Mordini tratto dall’omonimo libro di Edoardo Albinati.
Cosa è successo, allora? Donatella e Rosaria hanno conosciuto Angelo Izzo e Gianni Guido qualche giorno prima di quel terribile 1°ottobre. Al cinema. Nadia, amica di Donatella, in una famosa intervista/testimonianza ha raccontato che quel giorno hanno conosciuto “un certo Carlo” che, accompagnandole a casa, “durante il tragitto ci propose di vederci nuovamente, insieme a un suo amico“. Scambio di numeri di telefono, allora, e un successivo incontro in un bar della zona Eur un paio di giorni dopo. In quella occasione, però, oltre a Carlo, ecco anche Angelo e Gianni.
Ecco, quindi, il terzo e ultimo incontro. Lunedì 29 settembre 1975, con ultima tappa la villa di San Felice Circeo. Una trappola mortale per Donatella e Rosaria che, nella notte successiva, sono rimaste per tutta la notte nude, all’interno di un bagno senza finestra, senza cibo né acqua, dove sono state picchiate, torturate e costrette a subire qualunque abuso di tipo sessuale.
Le violenze sono andate avanti per tutta la notte e anche il giorno seguente, anche perché nessuno poteva immaginare dove cercare le giovanissime ragazze. A un certo punto, il lavandino del bagno in cui erano rinchiuse Donatella e Rosaria si è rotto, e i due aguzzini si arrabbiarono ancora di più, schiaffeggiando le amiche e trasferendole in un altro bagno.
Un incubo senza fine. Un orrore macabro e incomprensibile.
Nella parte finale del massacro, sono state addirittura divise. “Da quel momento non l’ho più vista – ha raccontato proprio Donatella raccontando quelle violenze – L’ho sentita, però, l’ho sentita che gridava. Poi sentii aprire il rubinetto della vasca da bagno, e immediatamente dopo avvertii i suoni emessi da una persona la cui faccia è immersa nell’acqua, dei rantoli come di qualcuno che cerca di riprendere fiato”. Infine, all’improvviso, il silenzio.
Anche il suo trattamento non è stato meno terribile. Anzi: trascinata in giro per la casa con una cinghia legata al collo quando era riuscita a raggiungere il telefono per chiedere aiuto, è stata colpita in testa con una spranga. Poi calci e tentativi di strangolamento: uno di loro “mi aveva fatto sdraiare per terra, mi aveva messo un piede sul petto e legato una cinghia attorno al collo. Ha tirato così forte che alla fine la fibbia si è rotta. Allora ha cominciato a infierire con la spranga e con i calci in testa. Ho capito che l’unica, minuscola, speranza che mi rimaneva era fingermi morta”. Così, Donatella si è pietrificata e ha smesso di reagire, tanto che per i tre ragazzi era morta.
Poco dopo hanno caricato i corpi e sono tornati a Roma a bordo della 127.
In poco tempo, gli autori del massacro sono stati identificati. Angelo Izzo e Gianni Guido subito arrestati mentre Andrea Ghira è diventato un fantasma (solo nel 2005 si è scoperto che si era arruolato nella Legione straniera e che sarebbe morto di overdose nel 1994 e seppellito nel cimitero di Melilla).
Nel processo di primo grado, nel 1976, i giudici hanno condannato i tre imputati all’ergastolo. Quattro anni dopo, la Corte d’appello ha confermato la condanna all’ergastolo per Ghira e Izzo, riducendo a 30 anni quella di Guido, e la stessa cosa ha fatto la Cassazione.
Fine della storia? Non proprio, perché nel 2005 Angelo Izzo, evaso dal carcere, è tornato a uccidere. Una ragazzina di 14 anni e la madre, Valentina e Maria Carmela Maiorano, figlia e moglie di Giovanni Maiorano, un 49enne che aveva conosciuto in carcere. Incredibilmente, ma vero, l’anno prima ha potuto godere di permessi premio e successivamente della semilibertà.