La definizione che meglio si attaglia è mistero con troppe falsità.
Ed è proprio così, purtroppo. D’altronde, come può essere altrimenti detta tutta la vicenda che riguarda la scomparsa di Emanuela Orlandi, che tra qualche giorno “spegne” le 34 candeline?
Era il 22 giugno 1983. Roma. Le 7.30 del pomeriggio. La ragazza, nata il 14 gennaio 1968 – quindi solo 15enne all’epoca – una cittadina dello Stato del Vaticano, in quanto figlia di un commesso della prefettura della Casa Pontificia, scompare in circostanze davvero misteriose.
Inizialmente tutti pensano si tratti di una semplice sparizione di un’adolescente, come ne accadevano parecchie, ma molto presto diventa uno dei casi più oscuri della storia italiana. Non solo perché la ragazza non è stata mai ritrovata, ma soprattutto perché la vicenda è legata sì allo smarrimento di un’altra ragazza (Mirella Gregori, e neanche di lei si è saputo più nulla) ma anche, in un certo qual modo, al Vaticano, allo Istituto opere religiose (Ior), alla banda della Magliana, al banco Ambrosiano. E, forse, ai Servizi segreti italiani e stranieri. E pure a una flebilissima pista di pedofilia. Persino a Mafia Capitale.
Per tutti i 34 anni, si sono susseguite numerose indagini, innumerevoli piste rivelatesi sbagliate (per un iniziale periodo, si è creduto che la ragazza fosse in ostaggio dei “Lupi grigi”, un movimento estremista turco), depistaggi, importanti tentativi di inchieste giornalistiche (lodevolissimo il lavoro di “Chi l’ha visto”, molte volte però fatto bloccare sul nascere), voci incontrastate, che però hanno portato soltanto ad alimentare sospetti, dubbi, misteri. E ad accostare la povera Emanuela a Paul Markincus, nel 1983 a capo dello Ior, e a Enrico De Pedis, il principale boss della banda della Magliana, ucciso nel 1990 e sepolto nella basilica di sant’Apollinare a Roma, e da più parti considerato un uomo del Vaticano, seppur mai nessuno ha capito cosa voglia dire. Ai “capricci” di Alì Agca, l’uomo che voleva uccidere Giovanni Paolo II, e che ha rivelato nel 2010 alla famiglia Orlandi che il rapimento era stato effettuato per conto della Santa Sede.
Già, ma perché? E come? Chi è stato a tradirla, se ma c’è stato qualcuno che l’ha davvero fatto? Dove è stata uccisa? E quando? E chi lo ha fatto, ha fatto in favore a qualcuno?
Domande ancora senza risposta. Naturalmente. Come è costume consolidato in un Paese, l’Italia, delle mezze verità.
Quelle che dà pure il (coraggioso) film di Roberto Faenza “La verità sta in cielo” del 2016, in cui il regista ricostruisce l’intera vicenda dando ampio risalto alle parole dell’amante di De Pedis, Sabrina Minardi, secondo cui il corpo morto di Emanuela è stato portato in una betoniera vicino Pomezia, e lì gettato. Il tutto sette mesi dopo il sequestro.
Minardi, però, da più parti, è stata considerata inattendibile e inaffidabile, soprattutto per gli errati riferimenti storici forniti.
La cosa certa, insomma, è che Emanuela Orlandi è scomparsa il 22 giugno 1983.
E c’è un’altra certezza: la verità non sta neanche in cielo…