È un caldo pomeriggio dell’estate 1966. Jorge, un ragazzetto appena 18enne, gioca con il suo aquilone nell’imponente vegetazione della collina Niteroj, non distante da Rio De Janeiro. Passo dopo passo, entra in una cappa di odore acre e inconfondibile che in quel labirinto di natura desolata e degrado sociale vuol dire solo una cosa.
Morte. E infatti così è. Ben presto vede nitidamente due corpi maschili distesi uno accanto all’altro, in posizione supina e con il viso sereno. I due uomini, entrambi intorno ai 30 anni, indossano due impermeabili uguali e hanno gli occhi schermati da due grosse e pesanti visiere di metallo. Fatte di piombo.
Inizia così la rubrica di questa domenica, il dì della festa della mamma. Con l’incipit di uno dei delitti più incredibili e irrisolti degli anni ’60. Non solo del Paese carioca, ma a livello internazionale. E passato alla storia come il massacro delle maschere di piombo.
Continuiamo, allora, perché quello che succede è tutto interessante e incredibile. Anche sapere per esempio un dettaglio che poi tale non è: entrambi erano appassionati di tecnologia e spiritismo, affiliati a circoli esoterici segreti, e che sostenevano di essere in contatto con esseri di un altro pianeta.
Jorge avvisa immediatamente un agente di polizia, ma ci vorranno ben due giorni affinchè arrivi sul luogo e scopra alcune cose interessanti. Le vittime sono due tecnici elettronici – Manoul Pereira da Cruz e Miguel José Viana – e con loro ci sono un paio di occhiali da sole con un anello infilato in una delle stanghette, una bottiglietta di plastica vuota, un pacchetto di salviette umide e tre biglietti dal contenuto criptico, la calligrafia appartiene a uno dei due uomini, ma il lessico sembra scritto sotto dettatura. E sono gli oggetti su cui ruota tutta questa triste vicenda. Il primo è un elenco di materiali elettronici, il secondo una prescrizione su come assumere una ‘compressa’, il terzo riporta delle istruzioni piuttosto inquietanti: “Alle 16.30 trovarsi nel luogo concordato. Alle 18.30 ingoiare la capsula dopo l’effetto, proteggere i metalli, aspettare il segnale maschera”. Quale maschera? Quella che i due portavano sugli occhi e che potrebbero aver posizionato sul viso volontariamente.
Perché Miguel e Manoel sono morti? L’autopsia ha decretato che a stroncarli sarebbe stato un “arresto cardiaco dovuto a cause sconosciute“. E a testimoniarlo anche l’assenza di segni di avvelenamento, intossicazione, ferite da armi bianche o da fuoco. I corpi, nonostante la presenza di numerosi animali selvatici, inspiegabilmente non erano stati toccati.
Elementi che vanno a innalzare una nebbia fittissima sulla fine dei due tecnici brasiliani, ancora non diradate dopo oltre 50 anni. E a che cosa siano servite davvero quelle maschere di piombo.
Inutile dire che sono fiorite speculazioni giornalistiche di ogni genere. C’è chi dice che i due avessero imboccato il sentiero della collina con la promessa di assistere a un evento paranormale. Più concreta e terrena è invece l’idea, secondo cui, i due commerciavano prodotti radioattivi o di metalli pesanti illegalmente. Potrebbero essere state date istruzioni di estrarre il materiale dall’involucro protettivo per mostrarlo ai possibili acquirenti e poi assumere una pillola che avrebbe annullato gli effetti delle radiazioni insieme alla maschera di piombo per gli occhi. Questa ipotesi metterebbe insieme tutti i tasselli – soprattutto le indicazioni del secondo biglietto – e sul perché delle maschere, utilizzate quindi per schermarsi dal contatto con materiali radioattivi di cui in alcuni Paesi si fanno larghi traffici. E sarebbe rafforzata dal fatto che in quegli anni erano stati rubati materiali radioattivi dalle apparecchiature mediche per radiografie causando la morte di quattro persone e l’intossicazione di altre 249.
Dopo anni di ricerche e molteplici piste, nel 1969 il caso è stato ufficialmente archiviato.