In un comprensibile sussulto di orgoglio, anche a Praga hanno alzato la voce. Di fronte all’esultante Cristiano Ronaldo che festeggiava le 770 reti in partite ufficiali della carriera (tra club e Nazionali) e si autoproclamava il miglior cannoniere di tutti i tempi superando Pelè, Jaroslav Kolar, capo del comitato di storia e statistica della Federcalcio della Repubblica Ceca, ha dichiarato che davanti a tutti c’è ancora lui: Josef Bican. Che di palloni alle spalle dei portieri ne ha messi 821, che diventano 1468 contando pure le amichevoli.
I problemi, però, sono due. Da un lato c’è che il suo nome potrebbe non dire nulla, ma in realtà, come detto, rappresenta il più grande marcatore della storia del calcio, passato in secondo, forse anche in terzo piano, per colpa della guerra e di tutto ciò che le girava attorno.
Dall’altro che il record non è riconosciuto dalla FIFA, ma soltanto dalla Federazione internazionale di storia e statistica del calcio, l’IFFHS per intenderci, organismo non facente parte della FIFA stessa e da questa comunque riconosciuta.
Vienna, 1913. Manca un anno allo scoppio della prima guerra mondiale, e qui, nella polveriera economico-sociale dell’Europa, nasce Josef. Vive l’infanzia nel pienissimo conflitto mondiale e quindi con sofferenza e povertà, tanto più che a otto anni perde il padre, calciatore anche lui, per uno scontro di gioco.
Si forma nelle categorie giovanili di due squadre minori locali cittadine e a 18 anni firma il primo contratto da professionista con il Rapid Vienna, il club più importante della città.
Con il tempo matura una raffinata sensibilità con entrambi i piedi che ne fanno un goleador completo, supportato anche da una velocità impressionante (100 metri in meno di 11 secondi), forza di volontà senza eguali e fisico possente.
Nel 1934, ai Mondiali italiani, si fa notare con la nazionale austriaca (l’esordio è stato l’anno prima, in tutto metterà a segno 14 reti in 19 partite con questa casacca) segnando pure agli ottavi di finale contro la Francia.
Resta in Austria per altri tre anni, poi però poco prima dell’annessione tedesca, va in Cecoslovacchia, sfugge al regime nazista rifiutandone di indossarne la maglia della Nazionale prendendo quella ceca.
Anche qui, però, arriva l’occupazione nazista e Josef veste la maglia del nuovo protettorato di Boemia e Moravia, particolare storico che lo rende l’unico giocatore al mondo ad aver giocato (e segnato) con tre Nazionali differenti.
In Cecoslovacchia lascia il segno, tanto che con lo Slavia Praga segna 385 goal in 204 partite di campionato, vince quattro campionati di Boemia-Moravia, un campionato cecoslovacco, tre Coppe di Cecoslovacchia, una Mitropa Cup e dieci titoli di capocannoniere.
Anche il calcio italico mette gli occhi su di lui, in modo particolare la Juventus, ma l’austriaco rifiuta il trasferimento nel 1948 per paura dell’arrivo di un governo comunista, che però non accadrà mai. Succede, invece, proprio in Cecoslovacchia, e lui è costretto a rifiutare il partito, subendo una escalation di emarginazione e sequestri di diverse proprietà.
Finisce la carriera nel 1955 e, senza alcun tributo o onore, dapprima lavora in una stazione ferroviaria e poi intraprende la carriera di allenatore senza particolare fortuna.
Di certo, però, tra i tanti record, tra il 1939 e il 2012 è stato il giocatore con il maggior numero di partite di campionato in cui è andato consecutivamente a segno, con 19 volte di fila, battuto poi da Leo Messi arrivato a 21.
Una volta ha detto che “ho sentito molte volte la teoria secondo la quale era più facile segnare ai miei tempi. Ma le occasioni erano le stesse anche cento anni fa e saranno le stesse anche tra cento anni. La situazione è identica e tutti dovrebbero concordare sul fatto che una occasione dovrebbe trasformarsi in un gol. Se avevo cinque occasioni facevo cinque gol, se ne avevo sette ne segnavo sette”.
Muore il 12 dicembre 2001 a Praga, a 88 anni, anno in cui ha ricevuto da IFFHS il Pallone d’oro come miglior cannoniere del XX secolo.