Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, l’Europa è animata da un’ondata di scioperi e proteste popolari, tutte miranti alla rivendicazione di migliori condizioni di vita e di lavoro. L’Italia, ovviamente, nonostante le aperture e le migliorie dei Governi liberali, non è esente anche perché, soprattutto nella parte meridionale, la situazione restava complicata.
Tante le situazioni simbolo di questa difficile situazione sociale. Una di queste è quella del 4 settembre 1904. Già, 117 anni fa. In Sardegna, e più precisamente nella miniera di Buggerru, poco più di 1.000 anime (oggi) nel profondo sud dell’isola, gli operari hanno si sono sollevati in protesta contro la riduzione dell’orario di riposo. La lotta è sfociata in tragedia con la morte di tre lavoratori per mano dei fucili delle forze militari, richiamate d’urgenza dal direttore della miniera.
Ma cosa è accaduto esattamente quella giornata? L’”Avanti”, il giornale socialista per eccellenza dell’epoca, due giorni dopo lo ha descritto così: “Mentre telegrafo una commissione di operai accompagnata dal sottoprefetto, dal dottore Cavallera e dal compagno Battelli, conferisce col direttore. La situazione è gravissima. È arrivata la truppa da Cagliari. Alle 16.20, mentre i soldati chiamati dal responsabile della miniera prendono alloggio nella falegnameria, dopo sette ore di marcia estenuante da Iglesias, si scatena la rivolta. Un gruppo di duecento minatori insegue i militari e tenta di impedire ad altri lavoratori di allestire la caserma: La truppa si oppone respingendo alla baionetta la folla eccitata, grande confusione da ambo le parti. Qualche sasso ferisce dei soldati che sparano quasi a bruciapelo 12 colpi. Fuga, urla e terrore generale!».
Per Felice Littera, 31 anni, e Salvatore Montixi, 37 anni, la morte è istantanea. Colpiti dai proiettili, cadono a terra senza vita. Giustino Pittau e Giovanni Pilloni, feriti gravemente, hanno resistito solo qualche giorno in più. Sentiti gli spari, il leader socialista Giuseppe Cavallera e il segretario della Lega dei minatori Alcibiade Battelli, che trattavano la ricomposizione dello sciopero con il direttore della miniera Achille Georgiades, si sono precipitati in piazza dove buona parte dei manifestanti attendeva proprio l’esito della mediazione e sono accorsi in falegnameria. E “l’Avanti” scriveva ancora: “Il compagno Battelli tratteneva arringandola la maggioranza degli scioperanti sul piazzale della direzione. Il dottor Cavallera, insieme col capitano di fanteria, si precipita fra i sassi e le palle per calmare gli animi ed ottenere la cessazione del fuoco e della sassaiola; trovano a dieci metri dai soldati un operaio morto e due feriti stesi a terra. Altri feriti fuggivano. Parecchi soldati avevano ferite non gravi. A stento fu ristabilita la calma. Ma troppo tardi! Gli arrestati sono tre. Degli operai feriti due sono morti, altri tre sono ricoverati in ospedale”.
Fin qui i fatti. E gli antefatti quali sono? Perché Buggerru?
Le condizioni di vita della popolazione rappresentavano la condizione di estrema durezza alla quale erano soggetti tutti i sardi che abitavano le terre in cui si viveva di miniera. Il centro, che si affaccia sulla costa Sud occidentale dell’isola, era allora un grosso borgo di 9.000 abitanti, circondato dalle miniere di calamina, blenda e galena.
I salari erano molto bassi, e il duro sfruttamento padronale costringeva i minatori a una vita miserabile. Per quanto riguarda la retribuzione salariale, il livello dei compensi era più basso rispetto alle altre Regioni del Paese. L’organizzazione delle aziende tendeva all’impiego estremo della manovalanza che era impiegata fino a nove ore all’interno della miniera e a undici all’esterno. Le società minerarie oltretutto si assicuravano un’ulteriore speculazione sui lavoratori tramite il truck-system.
I pozzi e le abitazioni erano spesso localizzati in luoghi distanti dai centri abitati e gli operai erano costretti ad acquistare presso gli empori dell’azienda i generi necessari alla sopravvivenza. Le case dei minatori sono catapecchie fatiscenti, dove gli uomini vivono ammassati in disastrose condizioni sanitarie. Le aspettative di vita erano bassissime e molti giovani avevano malattie dovute al lavoro esercitato fin dall’infanzia. A Buggerru, rispetto ad altre località minerarie, la cerchia dei dirigenti poteva condurre una vita sociale raffinata. Era chiamata nelle cronache giornalistiche del tempo “Petit Paris”.
L’eccidio dei lavoratori di Buggerru ha dato l’avvio a un’agitazione politica di livello nazionale tale da generare il primo sciopero nazionale della storia italiana, proclamato dalle organizzazioni dei lavoratori il 16 settembre dello stesso anno. Lo sciopero ha avuto un significato molto importante, anche senza i risultati che i promotori si erano prefissi.