In tantissimi non hanno ancora dimenticato ciò che è successo quella mattina.
Forse, semplicemente, non si può. Perché quel forte rumore e le successive tracce di detriti con una lunga scia di fumo non sono scene da tutti i giorni.
Ed è invece quello che è successo il 1° febbraio 2003, in Texas. Doveva essere una mattina importante, certo, perché era il dì dell’atterraggio dello “Space Shuttle Columbia” di rientro dalla missione STS-107. Più che importante è stata devastante con gli amatori presenti che hanno visto la disintegrazione di quella navicella spaziale a pochi pochissimi minuti (16 per essere precisi) dal ritorno alla base spaziale.
Perché quell’accaduto mortale, che ha riportato gli americani e tutto il globo al disastro di un altro Shuttle, il “Challenger”, distruttosi nel 1986 pochissimi secondi dopo il decollo (clicca qui per articolo https://bit.ly/3dag5ic)?
Strano a dirsi, ma nonostante la distruzione sia avvenuta durante il rientro in atmosfera, nulla è andato storto quel giorno e nemmeno durante la missione in orbita. La causa, invece, è da ricercare nel momento del lancio, il 16 gennaio.
E anche in questa circostanza, in realtà, tutto sembrava essere andato secondo le procedure.
Soltanto il giorno seguente, e solo con un filmato ad altissima risoluzione, è stato osservato che un pezzo di schiuma isolante si era staccato dal serbatoio, andando a colpire l’ala sinistra della navicella. Incredibilmente, però, non è stato dato il peso giusto all’accaduto – ritenuto quasi di “routine” visto il ripetersi di altre volte in passato – e nessuno ha pensato di controllare lo stato di salute dell’ala colpita.
La missione, come detto, non ha presentato problemi. Il 1° febbraio, allora, alle 8.15 è iniziata la procedura di uscita dall’orbita e dunque di rientro atmosferico. Fino a qualche minuto prima delle 9 tutto, ma assolutamente tutto, è andato secondo il copione degli atterraggi spaziali. Alle 9 però le comunicazioni si sono interrotte, e dopo 15 minuti era già successo l’irreparabile. Che la lesione dell’ala sinistra ha permesso ai gas caldissimi che lo shuttle attraversava di penetrare all’interno dell’ala, provocando la distruzione della navetta.
Per i sette membri dell’equipaggio non c’è stato nulla da fare, anche se le cause della morte sono ancora incerte. È stata esclusa l’altissima temperatura, più probabile la depressurizzazione della cabina e i forti traumi causati dalla disintegrazione della navicella.
L’incidente ha avuto il merito dell’inserimento di nuove norme di sicurezza, tra cui la visualizzazione in alta risoluzione di tutta la fase di lancio, per osservare eventuali residui che avrebbero potuto danneggiare lo scudo termico.
Gli Shuttle sono tornati a volare nell’estate di due anni dopo ma è andato in pensione nel luglio 2011 e appartiene ormai a una vecchia pagina dell’esplorazione spaziale.