Questa è una vicenda che parte da un inganno talmente grande che ha segnato gran parte della storia internazionale del secondo dopoguerra.
L’hanno raccontata i libri. Persino il cinema.
La protagonista è sì una nave, ma soprattutto i personaggi che più interessano sono quelli a bordo, e quelli che li hanno messi a bordo. Oltre 73 anni fa, ma il mondo del 2020 paga anche quella traversata. Illegale.
Luglio 1947. La guerra al nazifascismo è alle spalle da pochi mesi, ma già pronta c’è già la cortina di ferro che avrebbe diviso il mondo tra Stati Uniti e Unione Sovietica. E c’era un problema grosso da affrontare: dare una casa agli ebrei usciti vivi dalla pulizia etnica hitleriana e che vivevano in condizioni precarie in tutto il vecchio Continente.
Ed ecco allora che tra le due e le quattro del mattino dell’11 luglio, una nave battente bandiera dell’Honduras e con a bordo 4.515 passeggeri parte dal portò di Sète, sulla costa meridionale della Francia, ufficialmente diretta verso la Colombia. Tutto falso, perché non era una nave commerciale tradizionale, non trasportava passeggeri qualsiasi, e non era diretta verso l’America Latina: era stata chiamata pochi giorni prima “Exodus 1947”, in riferimento all’episodio biblico dell’esodo degli ebrei dall’Egitto. Perché? Erano state fatte salire soltanto persone ebree per portarle illegalmente in Palestina, a quel tempo un territorio sotto controllo britannico. Il tutto, per di più, era stato orchestrato da una o più organizzazioni paramilitari ebraiche, alcune delle quali entrate a far parte nell’esercito israeliano, ma che nel 1946 acquistano la nave, che in realtà si chiamava “President Warfield”, e la attrezzano con il prezioso aiuto degli americani in modo tale da renderla irriconoscibile per gli inglesi.
L’intera operazione era illegale perché osteggiata proprio dai britannici, che non volevano ricreare e rivivere gli stessi problemi di qualche decennio prima, e sempre in Palestina. Negli anni ’30, infatti, l’arrivo di più di 200mila ebrei aveva provocato una grande rivolta araba, al termine della quale i sudditi di sua maestà avevano emanato il cosiddetto “Libro Bianco”, uno strumento con il quale si limitava il numero degli ebrei che sarebbero potuti entrare in territorio palestinese negli anni a venire.
Il viaggio della “Exodus”, però, è un calvario. Quando salpa, era già stata individuata dai servizi segreti britannici, che cominciarono a preparare un piano d’assalto, e il 18 luglio riescono a prenderne il controllo, anche facendo vittime tra i passeggeri e l’equipaggio.
La Exodus, allora, è portata fino al porto di Haifa, in Palestina, dove i passeggeri furono fatti scendere e caricati su altre tre navi dirette in Francia, lì dove tutto era iniziato. Gli inglesi sono convinti di aver scongiurato il pericolo, ma non hanno fatto i conti con il governo francese che si rifiuta di costringere i passeggeri a sbarcare.
Che fare allora? Dopo oltre un mese di crisi internazionale, si decide di dirottare le navi verso il porto di Amburgo, in Germania, allora parte della zona di occupazione affidata al Regno Unito e l’unica in grado di assorbire così tante persone.
Lo sbarco ad Amburgo non fu semplice e diverse persone furono fatte scendere con la forza, e portate in due campi temporanei allestiti in Germania per i profughi dopo la Seconda guerra mondiale.
Diversi passeggeri, però, riescono a scappare quasi subito e a disperdersi altrove, soprattutto nell’isola di Cipro, altra colonia britannica, dove sono rimasti fino al riconoscimento dello stato di Israele, nel 1949.
La storia di quella traversata e di quello che successe dopo, è stata anche raccontata in versione romanzata nel libro Exodus di Leon Uris, uscito nel 1958, poi adattato nell’omonimo film interpretato da Paul Newman nel 1960.