“Le Zone economiche speciali non vanno affatto mitizzate. E sull’agglomerato Giovinazzo-Bitonto sarà un problema attrarre gli investimenti”.
Federico Pirro, importante conoscitore del nostro territorio, docente di storia dell’Industria all’Università barese, da anni opinionista de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, fa il punto sulle Zes, quella grande opportunità che dovrebbe portare investimenti e crescita sui territori che ne saranno interessati e alle aziende investitrici. Bitonto è inserita in una delle due, quella adriatica, istituite dalla Regione.
E l’occasione per parlarne è stato un convegno, svoltosi a Modugno qualche giorno fa, in cui si il tema cardine è stato il finanziamento alle imprese in una nuova ottica di sviluppo del territorio.
Il punto chiave del discorso di Pirro, che è stato uno di coloro che ha avuto il compito di redigere i progetti di sviluppo strategico delle Zes, è che ci sono non poche situazioni problematiche.
“Le aree attezzate e libere – ha ragionato – sono pochissime da Manfredonia al basso Salento, e non sara facile fare attrazioni di investimenti su queste limitate superfici. L’esempio più clamoroso è quello di Giovinazzo-Bitonto, un grande agglomerato che non è né infrastrutturato né espropriato. Giovinazzo vorrebbe uscire addirittura dall’Area di sviluppo industriale (Asi), perché i proprietari dei suoli pagano tasse su suoli considerati industriali, ma parlando di un agglomerato che non si realizza, stanno chiedendo di uscire dall’Asi. E la stessa cosa anche a Bitonto”.
C’è dell’altro, però. Secondo il docente, infatti, anche Bari avrà non pochi problemi perché il porto non ha collegamenti ferroviari, a differenza di Brindisi e Taranto, potrebbero crearsi anche alcuni profili di incostituzionalità in quanto “una azienda che sta a 50 metri dal perimetro della Zes non può usufruire delle agevolazioni fiscali e semplificazioni fiscali di chi sta all’interno della Zona economica speciale, e tutto ciò crea svantaggi di competitività”, e bisogna tener presente che non dureranno in eterno ma sette anni rinnovabili per altri sette.
Ecco, perché, allora “le Zone economiche speciali non vanno mitizzate, avranno un percorso che non sarà un’autostrada ma strade di montagna, e nel Mediterraneo ve ne sono di molto più competitive delle nostre”.