Ci sono quei sentimenti belli che non puoi esprimere a parole. Li metti in tasca come caramelle che tieni tra le mani e stropicci e carezzi come un grande dono. Da scartare, poco alla volta, per non consumare tutto il tempo trascorso.
Quel tempo che sembra infinito e ti riporta indietro nei mesi, negli anni. Ma sta lì, quel sentire, immutabile, perché ci ha segnati, ci ha legati, ci ha fatto incontrare.
E la signora Anna Rosa Tarantino, che tra qualche giorno ricorderemo con preghiere e fiaccole, da lì, da quel posto magico e bello che chiamiamo aldilà – dove ci piace immaginare ci siano i nostri cari, tutti vicini – continua a fare ciò che faceva anche qui, a casa sua, a Bitonto. A cucire le vite delle persone. Persino di quelle che non ha mai conosciuto, ma che tanto l’hanno difesa, che hanno provato a darle giustizia.
«Zia Anna era così. Metteva la pace ovunque – raccontano i parenti ai nostri taccuini -. Era lì pronta a chiamare tutti a casa dopo un litigio e a mettere ordine, come facevano le persone d’un tempo».
«Aveva con sé, conservate con cura, tutte le lettere di corrispondenza che aveva con le sue amiche fuori regione e con quanta gioia ce le mostrava per dirci quando le rispondevano…».
I gesti semplici che ti riempiono il cuore e che, nonostante l’età, danno l’idea di quanto fosse piena di vita e amore verso il prossimo: «Continuava a cucire, in maniera testarda. Appena vedeva un bimbo senza cappello, di buona lena si metteva lì a crearlo apposta. Da buona sarta, non aveva smesso di fare riparazioni: era inutile dirle che non doveva stancarsi, doveva finire ciò che aveva cominciato».
Ed era così anche per un piccolo lavoro di cotoni colorati che aveva su un piccolo mobile: «Ce lo fece vedere, era bellissimo, variopinto e disse che entro l’estate sarebbe stato pronto. Anche se non ha mai voluto rivelare cosa fosse».
Frequentava la chiesa abitualmente, sempre al Monastero delle Vergini. Ogni mattina, come quella del 30 dicembre. «Ci diceva pure di non buttare via gli indumenti se non andavano più bene, li portavamo a casa sua e lei sapeva come donarli a chi ne aveva più bisogno».
Una donna, quindi, sempre attenta alle vite di tutti, con amore e premura. Soprattutto di quella sorella, Lucia – quant’è beffardo il destino, la donna col nome della Santa della luce, affetta da cecità – che accudiva a casa: «Erano bellissime, sempre giocherellone nelle loro solitudini. E ricordo benissimo che un giorno stavano per pranzare e zia Anna aveva il piatto davanti, ma si stava preoccupando di imboccare prima sua sorella. “Zia e tu non mangi? Si fredda”, dissi d’istinto. E lei con la sua solita serafica pacatezza disse: “Lei ha bisogno di me adesso, poi mangerò io”».
Piccoli gesti che fanno capire quanto fosse davvero enorme il cuore di questa donna. Una donna sanissima, lucidissima, a cui è stata tolta la vita prima che lo facesse il Signore.
«Zia la mattina non faceva colazione prima di prendere l’eucarestia. Una cosa che, adesso, fanno in pochissimi. Mi piace sempre pensare che lei sia una delle pochissime fortunate ad essere andata via “con Gesù”. Aveva il corpo di Cristo con lei. E persino il suo viso così dolce e sereno in quella bara piccina, era simbolo del fatto che, in cuor suo, aveva perdonato».
È una forza, un dono, che solo chi ha fede può avere, probabilmente.
«Siamo persone semplici, umili, oneste, quelle scene le avevamo viste sempre e solo in televisione. Quando ti sono così vicine, non riesci a svegliarti dall’incubo. E zia, quel giorno, aveva ancora lo spolverino nero in cui il giorno precedente aveva riposto le chiavi prima di salutarci in maniera così tenera e affettuosa, come se lo stesse facendo per l’ultima volta. Vedere quello stesso abito pieno di fori, di colpi, è stato come vederli su un qualsiasi indumento: come se appartenesse a ciascuno di noi. Ci hanno portato via non solo una zia, una mamma, una confidente, un pezzo di cuore, ecco».
«Ci sentiamo di ringraziare di vero cuore gli inquirenti, chi di loro ci è stato vicino, non ci ha abbandonati, ci ha persino abbracciato nei momenti più difficili. Ora aspettiamo soltanto che il lavoro di questi uomini abbia un giusto riscontro anche nelle sedi opportune».
La (nostra) zia Anna, Anna Rosa Tarantino attende solo di essere traslata, quanto prima, al suo posto: nella terra dei “Giusti”.