E’
di questi giorni la notizia del percorso ciclopedonale, che l’amministrazione
Abbaticchio ha intenzione di realizzare a Bitonto.
Un percorso che, partendo
dalla stazione centrale e dal park & ride, attualmente in corso di
realizzazione nella zona del vecchio tram, condurrà in pieno centro antico.
Nel
progetto, il park & ride sarà visto come nodo di interscambio modale tra
bici, auto ed autobus.
Ma leggendo le notizie a riguardo, non pochi lettori si saranno posti una
domanda: “Ma Bitonto non ha già una pista ciclabile?”.
La risposta dovrebbe essere positiva, se non fosse che, in quattro anni di
vita, mai nessun ciclista ha osato percorrerla. A voler essere gentili, possono
contarsi sulle dita di una mano le biciclette che hanno percorso il tragitto
segnalato.
Il progetto fu approvato nell’estate del 2008 e fu uno dei primi provvedimenti
della giunta Valla. Il progetto originario, in realtà, risale al 2005 ed è
dell’amministrazione Pice-bis. Doveva permettere ai ciclisti di ammirare le
bellezze di Lama Balice, migliorando la viabilità urbana e riducendo
l’inquinamento. Un milione e 600 mila euro il costo inizialmente previsto.
Fondi finanziati dalla regione attraverso il POR Puglia 2000-2006.
Dopo anni di
stasi, Valla riprese il progetto, modificandolo e approvandone solo uno
stralcio, allo scopo di non perdere i finanziamenti. All’incirca 540 mila euro
fu il costo complessivo. L’allora assessore
ai lavori pubblici Vito Antonio Labianca sognava il miglioramento del decoro urbano e delle periferie.
Iniziati alla fine del 2008, a pochi
mesi dall’insediamento dell’ex questore, i lavori per la realizzazione si
conclusero in fretta e furia nel 2009.
Ma come mai i ciclisti non usufruiscono dei vantaggi e delle comodità di una
simile infrastruttura?
Perché il tutto si è risolto in un colossale flop?
In
realtà, basta percorrere pochi metri per darsi una risposta al quesito.
La
pista è tutto tranne che ciclabile.
Il percorso inizia in Via Galilei, a pochi metri dal terminal bus di Piazza
Ferdinando di Borbone. L’assurdità che lo contraddistingue è visibile già dai
primi centimetri. Uno spazio risicatissimo è riservato agli amanti delle due
ruote. Spazio che, dopo pochi metri, si restringe ancor di più, rendendo
rischioso l’utilizzo. Arrivati in Piazza Castello, all’inizio di Via Galvani,
il percorso si interrompe. Del resto, le ridotte dimensioni della strada
rendono impossibile la presenza di una corsia riservata ai ciclisti.
Si
riprende, quindi, in Via Burrone, tra auto parcheggiate che, almeno, danno
utilità a quella segnaletica orizzontale ormai sbiadita nel tempo, e porte di
abitazioni che rischiano di aprirsi davanti all’utilizzatore della corsia. A causa
del restringimento della strada, il percorso si interrompe nuovamente dopo
poco, per riprendere in Via Vecchia Cappuccini.
Peccato che manchi un’adeguata
segnaletica che indichi come raggiungere il prosieguo della pista.
La terza parte del percorso è lunga pochi metri e passa accanto all’antico
convento dei Cappuccini. Anche qui l’assenza di ciclisti ha spinto i
proprietari dei veicoli ad utilizzarlo come parcheggio. Poche pedalate e ci si
ritrova dinnanzi all’ennesima interruzione, in prossimità di alcuni cassonetti
per l’immondizia.
Basta seguire la segnaletica verticale per raggiungere l’ultima parte della
pista, ubicata in Via Berlinguer. Qui le corsie riservate alle bici sono due.
Una per senso di marcia. Agli osservatori più attenti però appare subito una
stranezza. Per chissà quale motivo, qui la guida è a sinistra, in pieno stile
anglosassone.
Anche l’ultimo tratto è pieno di insidie per gli improbabili pedalatori, che
dovrebbero fare attenzione alle tante buche e disconnessioni della
pavimentazione, oltre che ai rifiuti incivilmente abbandonati (di quest’ultimo
dettaglio, ovviamente, non se ne può dar colpa a chi ha progettato il
rettilineo).
Dopo qualche centinaio di metri, tra feci canine e vegetazione spontanea
ormai rigogliosa, si giunge alla fine del percorso, che si infrange contro un
muretto di cemento a ridosso delle campagne.
Dunque, un vero e proprio obbrobrio a cui si aggiunge anche l’inutilità dell’ubicazione.
Forse persino i suoi creatori se ne sono subito resi conto, dato che l’opera
non è mai stata inaugurata ufficialmente e presentata alla stampa.
Non sarebbe
stato meglio, dunque, perdere i finanziamenti regionali, piuttosto che
spenderli per tale scempio? E non sarebbe opportuno cancellarne le tracce
presenti?
Alla luce di tutto ciò, non resta che sperare che la nuova pista ciclabile, che
l’attuale amministrazione ha in mente, sia realizzata con maggiore attenzione e
accuratezza.