Una breve in cronaca.
Dispaccio secco d’agenzia in redazione. Seguito dal comunicato inequivocabile dei carabinieri.
Un concittadino perde la vita in un fatale incidente stradale.
Un dramma. Il viaggio. La speranza. lo schianto. La disperazione. Tutto finisce lì.
E invece no.
Certo, tanto piccola è la news quanto più dolorosa può esserne la conseguenza, specie se il fatto raccontato è di tale straziante portata.
Il ventenne, che in terra veneta ha visto lacerare le sue ali, era una montagna d’uno, un ragazzo imperioso, un lavoratore generoso.
Lo ricordano sollevare cancelli di ferro pieno con la forza delle braccia.
Insomma, un ragazzone dall’animo nobile.
Poi, l’occasione della vita: un lavoro più stabile al nord.
Un altro sacrificio, ma che sarà mai?
Il destino, però, attendeva famelico il ventenne bitontino. E successe quello che abbiamo su detto.
Il dolore infinito dei parenti non lo può narrare nessun giornale. Quasi mai trova spazio fra le colonne, persino quelle del web.
In fondo, sono solo loro che portano in giro per le strade della vita un sorriso ferito e nessuno sa che, nel segreto del cuore, contemplano ogni ora quel solco inconfondibile che lo spacca in due. Per sempre.
Poi, però, passa un anno esatto.
Trecentosessantacinque giorni dopo, non uno di più, non uno di meno.
Il caso (anche con la maiuscola, volendo)?
Perché, forse, non è vero che tutto finisce qui.
Dal buio del dolore sgorga la luce della speranza.
Sboccia al mondo un piccolo nipotino.
E il bambino sa già che ha il suo angelo custode, lassù.
E – ogni volta che chiameranno il suo nome “Giuseppe” – una stella, illuminandosi chiara nel cielo, dolcemente sorriderà…