La tragedia, il calvario e la grandezza.
Quel meriggio di tredici anni fa, ero in redazione e monitoravo le notizie che potevano riguardare la nostra città. Ad un certo punto, giunse un’agenzia terribile, battuta alle 15.55, accompagnata da voci ancora più angoscianti.
Un nostro concittadino era rimasto coinvolto in un attentato terroristico in Libano, sul ciglio della superstrada che collega la capitale libanese con l’antica città fenicia di Sidone.
Prim’ancora di conferme giornalistiche, provvide una foto a confermare il mio doloroso presentimento. Quasi contemporanea “Pietà“, accanto ad un convoglio non blindato, e ormai tutto accartocciato, dell’Unifil, un soccorritore teneva in braccio un militare, devastato dall’esplosione e col volto ridotto ad una maschera di sangue, che conoscevo benissimo, un virgulto aitante, un volenteroso giocatore di calcetto, un amico: Giovanni Memoli.
Il generale Antonio Bettelli, conquistato dalla immensa forza dell’allora caporal maggiore, ha scritto un libro dal titolo “Leonte“. Così racconta: “Leonte è il Libano, dunque, ma è anche la circostanza nella quale improvvisamente, il 27 maggio 2011, l’allora caporal maggiore Giovanni Memoli andò incontro all’esperienza che gli ha cambiato definitivamente la vita: un’esplosione proditoriamente provocata da mani ignote, viatico iniziale di una passione ancora ininterrotta. In quel frangente, reso disperato dal bisogno di assistenza che la stessa famiglia di Giovanni portò con urgenza al figlio agonizzante, io mi trovavo a Beirut come Addetto per la Difesa presso la nostra Ambasciata. Da quella circostanza, che si svelò inaspettatamente in un nitido pomeriggio di quasi estate nella capitale libanese, avvertii che la passione di Giovanni e della sua famiglia diventava, nell’esercizio del mio dovere, anche la mia passione“.
Da quel momento, la vita di Giovanni, dribblata miracolosamente la morte, è divenuta un calvario fatto di ricoveri e speranze, interventi chirurgici e riabilitazioni.
Questo giovane quarantenne, esemplare nella sua impareggiabile forza d’animo, ognora teso a mai scoraggiarsi e ad andare sempre fiducioso incontro al domani, oggi sottotenente del ruolo d’onore dell’Esercito, ha ricevuto, sì, tanti riconoscimenti: il 2 Giugno, per esempio, sarà a Roma per la solenne parata della Festa della Repubblica.
Ma vorrebbe, forse, che venisse pure accettato e ricoperto d’affetto per quel che è ed è sempre stato: un ragazzo d’oro, non solo un eroe eccezionale.
Come tutti, o più di tutti, aggiungerei.
Di certo, noi bitontini non possiamo che esser fieri della sua paradigmatica grandezza e continuare ad osservarlo con stima e ammirazione infinite…