Torna sottoterra Torre Sant’Agostino, nota anche come “Torre dell’Annunziata” per la vicinanza all’omonima chiesa tra via Pasculli, via Matteotti e via De Ildaris. La ripresa dei lavori su piazza XX Settembre ha interessato, infatti, soprattutto la parte dove, un tempo, svettava una delle torri difensive della città. Le sue fondamenta erano riemerse a primavera 2023, in occasione dell’avvio del rifacimento di quella che è chiamata anche piazza Sant’Egidio, dal nome dell’adiacente edificio religioso.
Per quanto da più parti si chiedesse di far rimanere visibili quelle antiche testimonianze della Bitonto che fu, la loro riqualificazione appariva improbabile sin dall’inizio, in quanto avrebbe intralciato in modo significativo la viabilità di strade centralissime, ingolfando ancor di più il già problematico traffico cittadino. D’altronde, tra i motivi che decretarono l’abbattimento, a fine ‘800, la necessità di un migliore raccordo veicolare in una città in espansione e di per consentire raddrizzare l’allora strada Principe Amedeo (oggi via Matteotti). A decidere le sorti di quella torre trecentesca, alta 18 metri con diametro di 12 metri, fu un decreto del 28 gennaio 1883 di re Umberto I, che disponeva l’acquisto e la demolizione. Era il 1883. Dopo 140 anni, sarebbe stato pertanto difficile conciliare la salvaguardia di quello spazio con le esigenze della viabilità odierna.
Sebbene l’esistenza di quei resti non fosse certamente un mistero, il loro ritorno alla luce ritardò i lavori di restyling e ne fecero lievitare i costi. La Soprintendenza, infatti, chiese di «allargare l’area oggetto di scavo per eseguire altre verifiche archeologiche», come ricordò l’assessore ai Lavori Pubblici Giuseppe Santoruvo.
Il dilungarsi dei tempi ha suscitato, nei mesi, le proteste dei commercianti della zona, danneggiati da “una significativa riduzione dei clienti”. Proteste raccolte dall’opposizione di centrodestra.
A fine dicembre l’approvazione della variante progettuale ha consentito la ripartenza dei lavori. E il seppellimento dei resti dell’antico edificio. Una sorte subita in passato da altri rinvenimenti, come quelli di piazza Aldo Moro, via Traetta e piazza Caduti del Terrorismo.
Sulla questione è intervenuto il Centro Ricerche di Storia e Arte: «L’epilogo -più che prevedibile- della copertura di quanto emerso dai lavori per la riqualificazione di piazza XX Settembre a Bitonto non è di sicuro una buona notizia. Il Centro Ricerche di Storia e Arte-Bitonto però vuole cogliere nell’epilogo anche un apologo, un piccolo ma importante insegnamento, di certo amaro.
Sarebbe stato di sicuro meglio studiare -già preventivamente, perché è questo il punto dirimente di questo e di altri casi- tutte le possibilità per cui la torre potesse essere consegnata al civico godimento visivo ed estetico, così come ci auguriamo che qualcosa di stabile possa esser lì lasciato a testimonianza di un passato che non potrà non interrogarci.
Un pannello, una iscrizione, almeno, così da non ripetere quanto tristemente accaduto in altri episodi, quando non è rimasta una traccia visibile direttamente sui luoghi interessati da lavori e scavi. La torre apparteneva ed appartiene, però, al già -arbitrariamente, può darsi- nascosto, al sotterrato, poi riapparso ed ora di nuovo chiuso, chiuso a tutti. Ma quanto abbiamo di già ‘emergente’, perché ‘emerge’ dal passato e poi costituisce ‘un’emergenza’ di recupero, cura e tutela? La fortificazione bitontina storica, tra l’altro, non si esaurisce certo lì. E la torre normanna, appena lì vicino, in stato critico? Così come più che vicino, sulla stessa piazza, è il convento di Sant’Agostino. E le chiese del centro storico, da San Giovanni alle Mura a San Paolo a Sant’Andrea? E le strutture architettoniche del vasto agro bitontino? Come si vede, tante e diverse le realtà che meritano attenzione costante e non episodica o solo ‘emotiva’. Proprio qualche settimana fa siamo duramente intervenuti sul caso di Torre Ranocchia. Ma su tutte queste faccende -a partire dalla stessa evenienza oggetto di queste nostre parole- urge una politica culturale di setaccio del territorio, urbano e non urbano, così da prevenire determinate conseguenze. Il punto è che dovremmo pensare con indignazione non solo a quel che ora si copre o ricopre ma a quel che rischia di crollare o di finire malamente nell’incuria. Questa vicenda ci insegna principalmente questo. La storia nascosta non è solo quella celata ma è -forse soprattutto- quella dimenticata, anche quando tutti possiamo apparentemente vederla sotto i nostri occhi, in realtà ignorandola. Non possiamo pensare alla storia solo dopo che crolla o la si sotterra. Dove siamo tutti prima?».
Per l’ispettore onorario ai Beni Culturali Antonio Castellano, «il problema non è solo la torre ma l’intera riqualificazione di importanti aree della nostra Bitonto. Perché non è il problema riportare alla luce i resti di qualcosa che in tempi comunque “recenti” i nostri concittadini decisero di demolire e ricoprire con il manto stradale, e ripeto si tratta solo dei resti e come sappiamo tutti bisogna fare delle scelte negli interventi di restauro e conservazione del (vastissimo) patrimonio storico-artistico che caratterizza le nostre città, ma la questione è ripensare ad un’area pubblica che possa sia essere efficacemente fruibile da varie fasce della nostra comunità (dai bambini agli anziani) sia rievocare “una identità storica” tipica della nostra Bitonto. Quindi scelta dei materiali, di una corretta tessitura nella pavimentazione (ho notato incongruenze nel tratto adiacente alla chiesa di Sant’Egidio), del design delle sedute, che non rendano la nostra piazzetta una piazza qualsiasi di una città qualsiasi, un cosiddetto “non luogo”, piuttosto che la piazza identificativa del luogo che la ospita. E in questo poteva giocare un ruolo importante il recupero dei resti della torre perché poteva dare una “impronta” a questa area, quel “valore aggiunto” – direi- che la rendeva riconoscibile nella storia non solo ai fruitori locali ma anche ai fruitori esterni (dai turisti ai cittadini di paesi limitrofi). Per cui avrei scelto il suo recupero proprio per una vera riqualificazione storico-architettonica dell’area intera. In mancanza di questa scelta così come in presenza delle scelte che sono state effettuate riguardo a materiali e forme mi sembra che tale area possa essere fortemente discutibile ed essere tutto fuorché un intervento di riqualificazione urbana».