La questione “Tecnologia 5G” è tutt’altro che semplice e, appunto per questo motivo, l’eventuale installazione di antenne relative non merita di essere trattata in modo semplicistico, soprattutto da parte di chi ha delle precise responsabilità.
Dunque, partiamo dall’ambito scientifico, dove certezze non ce ne sono. Per carità, in un’epoca in cui i virologi hanno vinto per acclamazione popolare il Nobel della Contraddizione, sarebbe io minimo. Ma, intanto, urge cercare di capire. Il ricercatore Alessandro Polichetti, dell’Istituto Superiore della Sanità, ha fatto notare che l’Agenzia europea per la ricerca sul cancro (IARC) classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza nel gruppo dei “possibili cancerogeni”, ovvero quei fattori per cui si sospettano degli effetti dannosi, ma di cui non esistono ancora prove a riguardo. Tutti gli scienziati sono peraltro concordi che ancora non esistano sufficienti studi epidemiologici sugli effetti del 5G sulla salute umana. Tuttavia, mentre per molti studiosi ciò dovrebbe essere un motivo in più per applicare un sacrosanto principio di precauzione, ovvero non installare questa tecnologica fino a quando non saremo sicuri dei suoi effetti (nel mondo sono più di 200 gli scienziati indipendenti che, guidati dall’oncologo svedese Lennart Hardell, hanno sottoscritto un appello per una moratoria del 5G), per altri tecnici, ciò non sarebbe necessario, in quanto le caratteristiche intrinseche del sistema indicherebbero un rischio addirittura inferiore rispetto alle precedenti tecnologie. Peraltro gli stessi tecnici e ricercatori che lavorano per le multinazionali delle telecomunicazioni, pur ammettendo che non ci sono sufficienti evidenze che le radiazioni del 5G siano innocue, ribattono che, secondo loro, non sono sufficienti e convincenti neppure le prove che esse siano dannose. Insomma nella migliore delle ipotesi si ammette che non vi sono ancora evidenze su niente, ma si procede in ogni caso con il programma. Intanto, sono davvero tanti i sindaci che hanno detto no all’installazione di nuove antenne, dichiarando il loro territorio “5G Free”, soprattutto dopo aver scoperto di essere nell’elenco dei 120 comuni “sperimentali” senza essere stati preventivamente avvisati. E pure in Europa molte nazioni hanno posto il veto. Proprio per la carenza di studi specifici sugli effetti, il Belgio per ora ha rifiutato questa nuova tecnologia in nome del principio di precauzione, mentre la Svizzera ha chiesto di sospendere o rallentare le nuove installazioni.
Già, perché un’altra questione che inquieta non poco è la sua imposizione alla cittadinanza senza nessuna consultazione, ma anche senza nessun reale controllo preventivo. Per qualsiasi prodotto che si pensa possa avere anche solo ipotetici impatti sulla salute vi sono, a livello mondiale e nazionale, normative da rispettare e le industrie sono obbligate a produrre studi aggiornati sulle valutazioni del rischio (si pensi all’industria chimica ma, anche a quella automobilistica).
Per la telefonia, invece, non è richiesto nulla di tutto ciò. È bastata una delibera dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e, da gennaio sono state impiantate le prime antenne, mentre a Roma sono in corso di installazione 200.000 lampioni wireless predisposti anche per tale tecnologia. L’Italia appare sempre più come una sorta di “Paese-laboratorio” dell’Occidente, dove testare nuovi sistemi e tecnologie.
Da giorni ci stiamo chiedendo a che punto siamo nella nostra città. Lo ha fatto anche il consigliere comunale Franco Natilla, che si è espresso al riguardo, prendendo le mosse dalle ultime dichiarazioni del sindaco, Michele Abbaticchio: “Il nostro primo cittadino si fa scivolare addosso la responsabilità della scelta, ma ci chiediamo: conosce le normative regionali e nazionali sulle autorizzazioni necessarie per l’installazione di antenne di telefonia mobile 5G?
O le ignora? E se le ignora, lo fa volutamente?
Sa bene, che il parere della commissione (quale?) – espresso comunque in maniera improvvida, vista la mancanza di certezze scientifiche – ha un valore meramente consultivo e non rappresenta una “decisione”.
Pertanto, questo frettoloso e soprattutto “non cogente” consenso di massima all’installazione di impianti 5G nel nostro Comune non impedisce affatto al Sindaco di Bitonto di rivedere la posizione, alla luce delle leggi, tanto della Regione che dello Stato”.
“Se veramente si ha tanto a cuore la salute dei Bitontini, si soprassieda al rilascio di autorizzazioni sino a quando la scienza non si sarà espressa chiaramente.
Agire con la massima cautela ritengo sia d’obbligo”, conclude Natilla.