DI ANTONELLA LECCESE
Che la strada che ha condotto all’Unità d’Italia sia lastricata di sangue, è un fatto noto. Il rischio è, però, che la storia venga percepita come un’eco di eventi lontani, e che la sfilza di date che costellano i libri di storia possa offuscare miriadi di vicende umane, percorsi di uomini che, a volte, hanno inizio nella nostra stessa città. È il caso di un nostro illustre concittadino, Francesco Gaetano Traversa, che nasceva a Bitonto in questi giorni, precisamente il 30 luglio, del 1787, e che visse dunque nei tumultuosi decenni del Risorgimento Italiano. Traversa fu un generale borbonico, convinto e irriducibile difensore del Regno delle Due Sicilie, a cui sacrificò la sua stessa vita, morendo durante l’efferato assedio di Gaeta del 1861.
La vita di Traversa fu interamente legata all’Esercito. Nel 1808, dopo il congedo dalla reale Accademia Militare della Nunziatella di Napoli, dov’era entrato quattro anni prima, ottenne l’incarico di ufficiale di dettaglio, prima a Napoli, poi a Palermo, Lagonegro, San Lorenzo, Padula e Palinuro. Da quel momento in poi prese parte attivamente a molti dei principali eventi bellici del suo tempo. Impossibile non ricordare, ad esempio, la sua partecipazione, come capitano in II classe, alla Campagna d’Italia del 1815, che avrebbe portato alla caduta del Regno di Gioacchino Murat. Fu lo stesso Ferdinando IV di Borbone, all’indomani della Restaurazione, a confermarlo nel grado di capitano in II classe e ad assegnarlo alla Direzione Generale del Genio. Di qui una serie di incarichi prestigiosi, fino alla nomina, nel 1830, a Direttore del Genio di Pescara. Ma il luogo che avrebbe segnato la vita, e la morte, di Traversa, è Gaeta. Lì, nel 1841, il Traversa fu promosso tenente colonnello e nominato Sottoispettore dell’Arma del Genio, incarico che mantenne per un decennio, e che gli consentì di guadagnare stima e autorevolezza nell’Esercito. Raggiunse il culmine della carriera nel 1860, quando venne promosso maresciallo di campo, e nello stesso fu chiamato a difendere la città di Gaeta. Aveva 74 anni. Dopo la sconfitta subita nella battaglia di Volturno (1° ottobre 1860), l’esercito borbonico si era ritirato a Gaeta, dove subì un assedio che durò 102 giorni, 75 dei quali trascorsi sotto il fuoco piemontese. L’assedio terminò nel febbraio del 1861, con la definitiva capitolazione della città.
E fu proprio in questa tragica cornice che il generale bitontino trovò la morte. Dopo essere stato promosso sul campo a tenente generale, morì durante l’esplosione del magazzino di munizioni della batteria di S. Antonio, avvenuta il 5 febbraio del 1861, tra l’esultanza degli artiglieri piemontesi che gridavano “Viva l’Italia”. Dopo l’esplosione della batteria di S. Antonio, le truppe piemontesi, guidate dal generale Enrico Cialdini, proseguirono il bombardamento della città fino all’armistizio del 13 febbraio. Più tardi, ci si sarebbe chiesto come avesse fatto il fuoco piemontese a centrare con tanta precisione il magazzino delle munizioni. Che si sia trattato di un tentativo di sabotaggio per anticipare la resa della città, come si è pensato, o di un colpo di fortuna, come credono in molti, l’assedio di Gaeta aprì la strada all’istituzione dell’Italia unita, pur versando un prezzo altissimo in termine di vite umane. Tra le vittime, il generale bitontino Francesco Traversa, che fu sepolto insieme ad altri generali nel duomo di Gaeta, dove riposa ancora oggi. Il suo nome, la sua storia, la sua umanità meritano di non cadere nell’oblio e di essere riportati alla memoria, soprattutto a quella dei concittadini.