Ieri mattina, i Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, di concerto con il Comando di Molfetta e la Stazione di Bitonto, hanno eseguito le ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico del 28enne Benito Ruggiero, del 30enne Rocco Mena e del 42enne Arcangelo Zamparino, pluripregiudicati e organici al gruppo Cipriano. Ruggiero e Mena erano già in carcere perché raggiunti dall’ordinanza relativa alla sparatoria del 30 dicembre scorso, leggi qui: https://bit.ly/2N3PZDa
L’ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale di Bari, Francesco Mattiace, su richiesta dei sostituti procuratori Ettore Cardinali e Marco D’agostino – della procura di Bari della DDA, accusa i tre di duplice tentato omicidio in concorso, detenzione illegale e porto in pubblico di arma da fuoco, spari in luogo pubblico, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso.
La ricostruzione. Le indagini – condotte dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Bari – hanno preso il via dopo il cruento agguato del 23 febbraio 2018 dove rimasero feriti il 29enne Giuseppe Antuofermo, colpito gravemente all’inguine, e il 17enne incensurato L.C. attinto da più colpi di pistola alla coscia sinistra. Il giovane, quella mattina, era impegnato a sovrintendere al controllo di una piazza di spaccio di sostanze stupefacenti dinanzi all’arco di via Francesco de Rossi, mentre Antuofermo era nascosto un po’ più avanti. Ruggiero, Mena e Zamparino, del clan Cipriano, dopo aver percorso via Maggiore, si imbattono dapprima nella vedetta (il minorenne) verso cui esplodono diversi colpi di pistola, colpendolo ripetutamente. Il giovane, seppur ferito, corre verso Antuofermo per avvisarlo dell’agguato, ma è troppo tardi perché i killer indirizzano contro lo storico sodale di Domenico Conte le armi e lo attingono all’inguine. Antuofermo è balzato più volte agli onori della cronaca perché braccio destro del presunto capo clan. Il 29enne fu ferito da tre proiettili già in via Pietro Nenni in un agguato sotto casa sua nell’ottobre 2015 e nell’estate del 2013, la sera del 2 luglio, fu vittima della famosa sparatoria di piazza Partigiani d’Italia (leggi qui: http://bit.ly/2EMWMJu)
Cosa accade dopo la sparatoria. Le due vittime si danno alla fuga, trovando rifugio presso delle abitazioni private e impediscono ai killer di completare l’opera. Vengono condotti da amici e congiunti al Punto di Primo Intervento qualche giorno dopo il ferimento: Antuofermo inventerà di essere stato rapinato; il giovane 17enne, impaurito anche dalla militanza nel gruppo criminale che risaliva ad appena cinque giorni prima del ferimento, fornisce dichiarazioni precise agli inquirenti. Riesce a descrivere nel minimo dettaglio gli aggressori, i vestiti che indossavano. Ma i particolari non erano sfuggiti nemmeno ai Carabinieri che già stavano pedinando da giorni i responsabili dell’agguato. Dalle immagini di video sorveglianza dei privati si nota, tra l’altro, che Mena, Ruggiero e Zamparino avevano già su via Maggiore lo scaldacollo fino a metà viso e abiti che usavano abitualmente – poi sequestrati dagli uomini dell’Arma qualche giorno dopo – e già la mano sul borsello per impugnare l’arma. Nonostante poco vicino, come mostrano le immagini, ci fosse una donna con delle buste della spesa.
La “lezione” di Anna Rosa Tarantino non è servita a niente. No, perché nonostante l’esplosione mediatica sull’omicidio del 30 dicembre i giovani hanno continuato ad affiliarsi ai clan, come se questo fosse motivo di prestigio. Il contesto in cui è maturata la sparatoria del 23 febbraio è, ancora una volta, quella della lotta tra gruppi criminali Conte – Cipriano che si contendono la piazza di spaccio, soprattutto nel centro storico che è diventata zona fiorente e redditizia. Già da giorni prima del conflitto a fuoco, ci fu un vero e proprio pestaggio tra ragazzini appena 16enni che si erano sfidati con gli sguardi con frasi del tipo “C t’acchiamind, com t prmitt”, alludendo al fatto che solo “tra bravi”, “tra pari”, ci si può guardare. E chiaramente un gruppo è migliore dell’altro. Frasi, dunque, maturate in un contesto di degrado totale sia sociale che relazionale. Battaglie culturali vere e proprie che non si risolvono, certamente, a colpi di provvedimenti giudiziari: c’è sempre una miccia accesa, un motivo di odio, che può scatenare da un momento all’altro una guerra.
La situazione attuale. Al momento, fanno sapere le Forze dell’Ordine, ci sono ancora alcune piazze di spaccio attive e lo dimostrano i diversi e numerosi arresti e sequestri che ancora oggi continuano: i ragazzi non riescono più a concepire una serata tra amici senza l’uso di stupefacenti. E, in questo mare magnum di disordine, i riferimenti, i modelli a cui ambire, restano quelli delle fiction in cui si sparano e si uccidono. Sono quelli di chi “se non fai parte di ‘quelli’ non sei nessuno”. Finché le pallottole non ti si restano conficcate in una coscia, a 17 anni, solo per avere qualche euro in più per un cellulare all’ultima moda.