Durante l’epoca cristiana furono costruite le prime torri e alcuni castelli in prossimità delle coste minacciate dalle scorrerie dei pirati saraceni che continuarono a imperversare sino alla fine del Quattrocento. Con l’editto del 1502 che decretava la definitiva cacciata dei Mori dalla Spagna, i Saraceni si unirono ai corsari Berberi del Nord Africa. Fu così che le coste del meridione d’Italia, per tutta la prima metà del Cinquecento, vennero prese d’assalto dai corsari barbareschi, disseminando distruzione e terrore tra le popolazioni locali. Intorno al 1569 la Corona di Spagna decise di intervenire con un piano di difesa che prevedeva la realizzazione di un sistema difensivo sul territorio ben articolato, costituito da torri di avvistamento sulle coste e un complesso radiale di torri vedetta-difensive interne. Nel 1581 Filippo II di Spagna istituì la Reale Amministrazione delle Torri per organizzare e gestire l’intero sistema difensivo costiero, provvedendo all’arruolamento dei soldati per le guarnigioni, al rifornimento di armi e munizioni ed alla manutenzione delle torri. Quest’ultime erano suddivise in tre tipologie fondamentali che le connotavano per importanza e dimensioni. Torri da “difesa pesante”, le più imponenti, erano dotate di circa quattro cannoni di grosso calibro, due spingarde e cinque fucili, e venivano presidiate da una guarnigione composta da un capitano, da un artigliere e quattro soldati. Torri da “difesa leggera”, di media grandezza, disponevano di circa due cannoni di medio calibro, una spingarda e tre fucili ed erano presidiate da una guarnigione con un minor numero di uomini. Torri “vedette”, le più piccole, fungevano per lo più da punto d’avvistamento e disponevano di due fucili e una spingarda per i due soldati di presidio. In tutte le torri, i torrieri, che montavano di guardia sia di giorno che di notte, avevano in dotazione un cannocchiale per gli avvistamenti lungo costa, trombe o corni marini per avvisare acusticamente le altre torri dell’imminente pericolo, e sul terrazzo cataste di legna per le segnalazioni luminose notturne. I tratti di costa in cui non c’erano torri, venivano perlustrati da ronde marine. Nella “Istoria Generale del Regno di Napoli”, di Placido Trojli, si legge:”…il Regno di Napoli per ogni intorno della parte di mare è circondata da 366 bellissime Torri, tutte quadrate, alte e forti, ed una alla veduta dell’altra fatte fabbricare dal Vicerè Don Pietro di Toledo nell’anno 1537”. In “Terra di Bari” vi era una catena di 16 torri, che andava da Torre dell’Ofanto sino a Torre Canne. Anche Santo Spirito (Sanctus Spiritus de tenimento Bitonti) era dotato di due avamposti vedetta-difensivi sul mare ad Ovest e ad Est dell’attuale porto, denominati “Castello di Argiro” e “Torre S. Spirito”. Quest’ultima, secondo lo storico V. Faglia (Contributo alla conoscenza delle torri costiere in terra di Bari, Roma 1970), fu terminata verso la fine del 1569, anno in cui fu dotata di artiglieria. L’alta torre, di pianta quadrangolare, dotata di 9 minacciose caditoie in “controscarpa” per la difesa piombante, viene menzionata nelle Carte Asburgiche (1569), in quella del Geografo Gambacorta (1598), Magini (120), Guerra (1807), Zuccagni Orlandini (1860) e con la denominazione “Torre Maggiore” nel “Libro delle Sante Visite” (sec. XVII). Attualmente viene riportata sulle Carte dell’Istituto Geografico Militare con la denominazione “Castello di Santo Spirito”. Nelle sue vicinanze sorgevano le famose “furche de Petro”, luogo di esecuzioni capitali, alti pilastri utilizzati per ”sospendere i ladroni e la mala gente condannata all’estremo supplizio“. Caduta in disuso nell’Ottocento fu adibita dalla comunità di Bitonto a luogo di riposo per invalidi e, successivamente a Stazione della Guardia di Finanza. La Torre, di proprietà del demanio marittimo, con vincolo ambientale, potrebbe benissimo essere adibita a sede di una nascente associazione culturale territoriale.