«Se non ora, quando».
A chiederselo sono i referenti di Fare verde Bitonto (Giuseppe Cazzolla) e Italia nostra (Domenico Masciale) che hanno inviato una lettera al nuovo dirigente del servizio Tutela e valorizzazione dell’ambiente della Città metropolitana di Bari, Giampiero di Lella, affinchè revochi l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) sulla Ferlive. Una missiva da considerare una cortina tornasole per mettere ancora più alle strette l’ex Provincia e tastare quali siano le reali volontà politica sulla discarica, che si vuole realizzare in città in contrada Colajanni. Poche righe per ricordare i motivi per cui il progetto di utilizzare una cava dismessa in territorio di Bitonto come bacino di sversamento di fanghi prodotti dal trattamento di acque reflue, non possa trovare parere favorevole. L’iniziativa di Cazzolla e Masciale è interessante perché Di Lella, fino a poche settimane fa, è stato il responsabile del settore Territorio proprio di Palazzo Gentile e già in due circostanze ha detto no alla discarica. La prima volta è stata a giugno dell’anno scorso, mese del via libera all’Aia, in cui ha espresso parere non favorevole additando quattro motivazioni (tra cui la mancanza di conformità urbanistica). La seconda volta poche settimane dopo, allorchè l’attuale dirigente metropolitano ha chiesto, per conto del Comune, il ritiro in autotutela del provvedimento stesso.
Alla vigilia della discussione al Tribunale amministrativo regionale, fissata per il 24 ottobre, determinante potrebbe essere quindi proprio una mossa di Di Lella. D’altronde, come sottolineato da Giuseppe Cazzolla e Domenico Masciale, l’ingegnere si muoverebbe nel solco già più volte segnato dallo stesso Antonio Decaro, impossibilitato a revocare direttamente l’atto, essendo lo stesso dirigenziale. Decaro che, nonostante abbia firmato l’opposizione nel giudizio al Tar nei confronti del Comune di Bitonto, in diverse occasioni, ha infatti mostrato perplessità circa la decisione assunta dagli uffici di via Spalato e invitato persino il segretario generale Donato Susca a valutare un possibile dietrofront, “dovuto” dal parere (ignorato dall’ex Provincia) dell’Autorità di Bacino, che sottolineava come la cava in contrada Colajanni, a meno di tre chilometri dalla frazione bitontina di Palombaio e dal borgo di Sovereto, fosse stata individuata come vasca di laminazione in caso di alluvioni già dal 2015. La revoca dell’Autorizzazione integrata, infatti, sarebbe un (importante) punto a favore sia davanti al Tar sia nella questione del Provvedimento unico autorizzatorio regionale (Paur), chiesto da Ferlive alla Regione per poter smaltire anche tipologie di rifiuti, a parte quelli speciali.