DI ANTONELLA LECCESE
Cercare le parole per parlare di malattia è un compito delicato e terribile. E, di fronte al baratro provocato da certe malattie, è molto più efficace la carezza lieve di chi si sforza ogni giorno di esserci, di regalare uno sguardo di più ampio respiro a chi si è visto negare i propri orizzonti. Una vera e propria missione di umanità, che è anche quella che anima Maria Catena Trimarchi, infermiera responsabile della casa alloggio “Raggio di Sole” della Fondazione “Opera Santi Medici Cosma e Damiano – Onlus” di Bitonto, protagonista del toccante episodio di “Hic sunt leones” andato in onda nella notte di due giorni fa su Rai 3, e ora visibile gratuitamente su Rai Play.
Sullo sfondo della nostra terra, dei vicoli del centro antico, delle silenziose stanze della Biblioteca Comunale, scorre il racconto di una donna che ha fatto dell’assistenza ai malati di AIDS la propria missione, e il proprio fardello. Perché sì, gli eroi sono persone fragili, che sperimentano la paura e la solitudine, che cadono, si rialzano, cambiano direzione; gli eroi sanno che si entra nella vita degli altri in sordina, che i sentieri della vita sono tortuosi, impervi, pieni di cambi di direzione. Di cambiamenti e svolte, infatti, Maria Catena se ne intende: con una laurea in tasca e la sicurezza di un posto fisso in banca, ha deciso di svoltare, di seguire il richiamo della sua anima verso la sofferenza dell’uomo, e ha scoperto il mondo angosciante dell’HIV e dell’AIDS. Da allora non è più tornata indietro, decisa a fare la sua parte per accarezzare il dolore dei residenti della casa alloggio, provati non solo dalla malattia, ma anche dall’indifferenza di una società che dimentica facilmente.
Nonostante molti progressi siano stati fatti nella ricerca scientifica e nelle cure per i malati di AIDS, su questo male circolano ancora ignoranza e pregiudizi: si preferisce non sapere, e si pensa che, in fondo, chi ha contratto questo male se la sia in qualche modo cercata. A questa mentalità gretta si oppone la risposta gentile di Maria Catena e degli altri operatori intervenuti nel breve documentario, come Fabio Sciurti, Miriam Naglieri e Danilo Manciucca, che si sono posti l’obiettivo di stare accanto a chi è vittima del pregiudizio, una malattia forse peggiore dell’AIDS. Perché tutti hanno il diritto di sentirsi amati, di cercare e plasmare il senso del proprio stare al mondo, e di starci bene.