Era il 12 luglio del 2001. All’apparenza un giorno come tanti tra i vicoli di Bari vecchia. Vicoli dimenticati, temuti, malfamati, ma abitati da tanta gente perbene. Michele Fazio, un ragazzo di appena 16 anni, tornava a casa sua, dopo una giornata di lavoro come barista, quando, all’improvviso, un proiettile lo colpì mortalmente alla nuca. Lungo quel tragitto, percorso abitualmente, alcuni esponenti del clan Capriati, ragazzi poco più grandi di Michele, avevano deciso di vendicare l’uccisione di Francesco Capriati, assassinato due settimane prima, colpendo un esponente a caso del clan Strisciuglio, responsabile dell’agguato. E così, il commando, dopo aver avvistato la vittima designata, fece fuoco. Tra i due litiganti, a pagare il prezzo più alto fu Michele. Cadde a terra esanime, ucciso per errore in una guerra a lui estranea. Assassinato da chi considera la morte di innocenti un’eventualità da mettere in conto, poco più che un danno collaterale.
E oggi, come ieri, i genitori di Michele, Pinuccio e Lella, si chiedono come è possibile che «Nessuno ha sentito, nessuno ha visto? E poi dicono semplicemente che abbiamo visto una donna riversa in una pozza di sangue, solo quello?».
E tornano alla mente quei momenti drammatici, la perdita di un figlio: «Anche a noi quel 12 luglio 2001 dissero e pensammo fossero dei petardi, così come da voi. Eppure erano colpi di pistola. Hanno visto, hanno sentito e nessuno parla, così come accadde per il nostro Michele. I vicini, però, sapevano già individuare volti e nomi. La signora Anna Rosa ci ha fatto rivivere drammaticamente quei momenti, con lo stesso velo di omertà».
«Mentre questa sera ci saranno eventi in tutte le città d’Italia a festeggiare il nuovo anno con tutto ciò che di buono (spero) ci porterà, spareranno dei botti, a Bitonto per gli spari ci si è ammazzati – aggiungono -. Hai paura anche della tua ombra: non si può fare di una povera donna uno scudo umano».
«Ci diciamo che la vita continua – incalzano – che dobbiamo essere contenti all’interno delle nostre case, e fuori di qui, per strada, è morta una vittima innocente in un agguato».
Cosa possiamo fare? «Bitonto è una città di cultura, una città di pace, una città che non si può lasciare nelle mani delle mafie. Voi bitontini svegliatevi, cercate di riprendervi la città, è vostra: della gente onesta che al mattino va a lavorare, che non fa porcherie, che non spaccia. Educate la città e chi ha visto, parli», concludono.