“Davvero sorprendente lo straordinario impianto dell’interno del piano superiore di Porta Baresana”.
Sono queste le parole di stupore che Nicola Pice, ex sindaco della nostra città, affida ai social, ponendo una domanda agli attuali amministratori: “Sarebbe davvero utopico pensare di rendere agibile questo spazio di straordinario impatto, una volta eliminate le tracce di umidità con adeguati interventi di impermeabilizzazione, e rendere possibile l’accesso, ovviamente da disciplinare per gruppi di cittadini e turisti interessati a visitare l’interno della Porta? Ne conseguirebbe la conoscenza di un tempo storico della nostra città e la fruizione di un punto di osservazione della città che si rivelerebbe un polo di attrazione turistica, cui accedere dietro pagamento di un biglietto, con la gestione affidata ai giovani del servizio civile”.
E poi ci racconta anche un po’ di storia di quel luogo.
“La costruzione della porta attuale risale al 1671, quando fu addossata a quella medievale, in parte visibile posteriormente, e accostata ad una torre quattrocentesca che faceva parte di una precedente cinta muraria. Tale datazione spiegherebbe l’originario stemma asburgico posto sulla fronte (sono ancor oggi leggibili i serti di foglie che lo circoscrivevano), con sottostante data, distribuita in due registri, artatamente oscurata poi quando tale stemma fu sostituito da quello sabaudo dopo l’unificazione d’Italia”.
Il primo restauro del 1811. “Nel 1811 il Comune decise il restauro della porta seicentesca su progetto redatto dall’architetto Gimma, un progetto che tra l’altro meglio definiva l’intervento nel piano interno: ‘una stanza per abitazione sul comparto dell’androne, con una cucinetta sopra la porzione del corpo di guardia… e tra il pavimento di questo secondo piano e la copertura del corpo di guardia sarà formato altro compreso sotto la cucinetta per discendere dalla medesima ad uso e comodo della citata abitazione … il pavimento di stanza e cucinetta ad astrico … il lavoro coll’otto dente anche di pietra viva delle mostre delle porte dei cantoni degli scalini della lumaca’”.
La scala a chiocciola. “’Gli scalini della lumaca’ permettono l’accesso a questi interni: in uno di essi si intravede la leva che movimentava la porta per la sua apertura e chiusura ed una finestra con vista sulla piazza, mentre nei vani laterali si aprono le due finestrelle per l’incavo dei quadranti degli orologi rivolti a mezzogiorno e a settentrione, realizzati nel maggio del 1836 dal barese Girolamo Vitucci, ‘montati a tre registri uno pel cammino, il secondo per le ore, il terzo per li quarti, con il registro del cammino a tre rotaggi, cioè della ruota maestra, della ruota corona e della serpentina, in ottone fuso e tornito, quello dei quarti a due rotaggi … due leve con corrispondenti braccioli di comunicazione fra la macchina ed i martelli della campana’. L’intero spazio di questo piano ha di certo una sua ampiezza, seppure contenuta”.