Nel novembre 2015, nell’ambito del procedimento per la morte di
Paola Labriola, la psichiatra uccisa da un paziente il 4 settembre 2013, l’accusa
chiedeva il rinvio a giudizio dell’allora dirigente Domenico Colasanto (http://bit.ly/2l4rSBV).
Il giudice per l’udienza preliminare di Bari ha rinviato a
giudizio sei persone, tra cui l’ex direttore generale della Asl di Bari; il
processo riguarderà le presunte responsabilità della Asl nelle carenze dei
dispositivi di sicurezza nell’edificio.
Il dott. Colasanto è accusato di presunta violazione dell’articolo 586 del Codice penale, 319 quater c.p.
e omissione di atti d’ufficio. Con il dirigente sono stati accusati anche l’ex
segretario, Antonio Ciocia e un altro dipendente della Asl, Giorgio Saponaro,
che dovranno rispondere di concorso di induzione indebita, poiché avrebbero “pressato
con l’insistenza” il funzionario Asl, Alberto Gallo, a predisporre falsi documenti
di valutazione dei rischi: Gallo e altri due funzionari, Baldassarre Lucarelli
e Pasquale Bianco, sono accusati di falso.
Per il fattivo omicidio della
dottoressa, uccisa con oltre 70 coltellate è stato condannato in
appello a 30 anni di reclusione il suo paziente 40enne, Vincenzo Poliseno.
La Asl
di Bari nel processo risulta sia come parte lesa, che responsabile civile e
chiamata, dunque, al risarcimento delle vittime in caso di condanna degli
imputati.
Nel
procedimento si sono costituiti parte civile la famiglia della vittima e la Asl.