Il telefono da cui sarebbe partito l’ordine di sparare, il giorno dell’agguato costato la vita all’innocente Anna Rosa Tarantino, era davvero nelle mani del presunto boss Domenico Conte?
Sarà questa la circostanza da accertare con le perizie tecniche, disposte dalla Corte di Assise di Appello, che ha dovuto riesaminare la sua posizione.
“Mimmo u negr”, ritenuto mandante della sparatoria, era stato infatti condannato a 20 anni di reclusione in primo grado. Sentenza confermata in Appello, ma non dalla Cassazione, che nei mesi scorsi ha annullato con rinvio la condanna.
Martedì scorso, dopo l’udienza, i giudici avrebbero dovuto comunicare la sentenza. Ma così non è stato. Dopo essersi ritirati in camera di consiglio, anziché venir fuori con il verdetto, hanno letto una ordinanza con la quale si richiedono controlli sui tabulati telefonici e sulle telecamere di sorveglianza di casa Conte, che potrebbero aver documentato gli spostamenti – o i mancati spostamenti – del presunto boss. Dati da esaminare, poi, nella prossima udienza, fissata per il 25 settembre.
Secondo la difesa, “Mimmo u negr”, la mattina del 30 dicembre 2017, sarebbe rimasto a casa. Mentre il cellulare da cui sarebbe arrivato l’ordine di aprire il fuoco, contro i rivali del clan Cipriano, risulterebbe essere stato in movimento.
Per l’omicidio dell’anziana sarta bitontina e per i quattro agguati di quella tragica mattina, sono già definitive le condanne di: Cosimo Liso (20 anni); Francesco Colasuonno e Rocco Mena (4 anni); Benito Ruggiero (4 anni e 6 mesi); Michele Rizzo (2 anni); Michele Sabba, uno dei due esecutori
materiali (13 anni e 8 mesi).
Ancora pendente, oltre a quella di Conte, anche la posizione del pregiudicato Alessandro D’Elia (condannato a 20 anni), che secondo l’accusa aveva portato ai sicari il messaggio del boss.
Da rideterminare anche la pena dell’altro esecutore materiale del delitto, Rocco Papaleo, reo confesso e collaboratore di giustizia, che sarà processato nuovamente.