Qualcosa per qualcos’altro, “Aliud pro olio”, questo
il nome dell’indagine della Guardia di
Finanza di Andria ha portato allo smantellamento di tre associazioni per
delinquere che gestivano un giro di affari illecito, di circa 30 milioni di euro, commercializzando
olio spagnolo contaminato.
In alcuni casi, non vi era nulla che potesse
essere definito neppure olio lampante, addirittura che possa essere definito
commestibile, trattandosi di oli esausti,residui di frittura, ossia rifiuti cancerogeni
che, anziché essere smaltiti erano venduti e finivano sulle tavole di ignari consumatori.
Sedici gli
imprenditori arrestati, 8 aziende pugliesi– da Andria a Barletta passando per Copertino – coinvolte e interessate dal provvedimento
di sequestro del gip: tra queste c’è
finita anche una bitontina, la Meridex Olii.
Le tre associazione per delinquere smantellate erano capeggiate –
secondo la procura – due dall’imprenditore andriese Nicola Di Palma (dell’azienda olearia San Vincenzo), la terza da Antonio Cassetta (gestore di fatto
della Sago srl di Andria).
Entrambi sono stati arrestati. Di Palma avrebbe gestito due gruppi
criminali: il primo aveva rapporti con aziende calabresi di Cassano allo Ionio
(Cosenza) e di Petitia Policastro (Crotone), l’altro con aziende di Copertino
(Lecce); Cassetta invece gestiva un’altro gruppo criminale: nella sua azienda di
Andria, la Sago, è stata riscontrata la presenza di oli di oliva lampanti
adulterati con oli di semi e/o grassi estranei all’olio d’oliva.
L’inchiesta ha
accertato che le tre “bande di agro pirati”, come sono state definite
dai rappresentanti del settore, si sono avvalse della complicità delle imprese
pugliesi e calabresi cui era affidato il compito – secondo il procuratore Capristo, e il pm inquirente Antonio Savasta – di fornire false
fatture attestanti fittizi approvvigionamenti di olio extravergine di oliva
prodotto in Italia necessari ‘cartolarmente’ a legittimare ingenti acquisti di
olio proveniente, in realtà, dalla Spagna.
“L’olio
proveniva dall’Andalusia e da Valencia – ha dichiarato Savasta -. Lì veniva acquistato a 2 euro il litro,
arrivava nei porti di Bari e Salerno come olio spagnolo: era in Calabria che il
prodotto diventava italiano”.
“In Calabria
tra l’altro – ha spiegato ancora il pm – ci sono molte ditte che ottengono finanziamenti statali e comunitari
per fare il biologico, ma di biologico non hanno nulla, a volte non esistevano
né terreni propri né fornitori”.