Più che nel calendario civile il 14 febbraio, festa degli innamorati, dovrebbe essere ricordato in quello agricolo perché ha un legame stretto ed innegabile con la Natura e non solo per via dei fiori, nell’occasione regalati a profusione. È il nome stesso del santo a confermarlo: infatti, Valentino, diminutivo di Valente, nome beneaugurante come altri di origine latina (Costante = Costantino; Clemente = Clementino; Marte = Martino), è legato al verbo valeo, cioè aver forza, essere robusto, valere, e rinvia a quella Natura, che, proprio nel mese di febbraio, in cui fioriscono i mandorli, riacquista le sue forze producendo gemme e fiori. Del resto, Febbraio, l’ultimo mese dell’anno, che, per i Romani, incominciava col 1° marzo, era il periodo dei februa, cioè dei riti purificatori tipici del mondo vegetale ed animale e celebrati per preparare il terreno e il bestiame all’avvento della primavera. I più importanti fra i quali erano i cosiddetti Lupercalia, la cui istituzione si faceva risalire a Romolo, che si celebravano a Roma dal 13 al 15 di febbraio: due schiere di 12 sacerdoti, detti luperci, usciti dalla grotta di Romolo correvano all’ impazzata lungo il colle Capitolino, dando pesanti sferzate con strisce di pelle animale a chiunque incontrassero, soprattutto a donne che speravano in una gravidanza. La festa celebrava la fecondità: i luperci portavano una sorta di perizoma di pelle di lupo (da cui il loro nome: “coloro che tengono lontano il lupo”), animale totemico della religione romana, e pronunciavano frasi oscene, le donne esibivano sfrontatamente il ventre, si venerava il caprone, simbolo di virilità.
Malgrado l’opposizione dei cristiani, i Lupercalia mantennero una grande partecipazione di popolo fino a quando, alla fine del V sec. d. C., papa Gelasio I (492 – 496 d. C.) decise di cancellarli, ritenendoli uno scomodo residuo di paganesimo volgare e scandaloso e sostituendoli con la ricorrenza del martirio di un (presunto) santo pagano, Valentino (176 – 273 a. C.!), vescovo di Terni. Sulla storicità del quale non pochi sono stati i dubbi tanto che la Chiesa, nella Riforma del 1970, ne abolì la ricorrenza sul calendario sostituendola con quella dei santi, storicamente accertati, Cirillo e Metodio. Al vescovo Valentino, comunque, una tradizione non meglio identificata attribuisce alcune decisioni che lo hanno designato “patrono degli innamorati”: aver celebrato un matrimonio non permesso fra una giovane cristiana di Terni, Serapia, ed un legionario pagano, Sabino, entrambi poi martirizzati come lui; aver rappacificato due innamorati, che avevano violentemente litigato proprio presso il suo giardino, regalando loro una splendida rosa rossa come pegno perché imparassero ad essere un “cor unum”, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Come “patrono degli innamorati”, Valentino diventa ben presto un santo internazionale cui si dedicano nomi di paesi, persone, chiese e confraternite. Ricordiamo, a tal riguardo, che a san Valentino sono intitolate due chiese in una Bitonto tardo medievale dalla vocazione agricola che venera altri santi “rurali” quali santa Caterina d’ Alessandria, san Rocco, san Vito, sant’Egidio, sant’Isidoro. Si tratta di due edifici di culto pressoché coevi ma molto diversi per struttura, funzione e localizzazione: la cattedrale, cuore del centro abitato e sede episcopale, ed una cappella sulla via di Ruvo, appena fuori le mura e, quindi, nell’agro della città, per lungo tempo priorato benedettino. Se ne deduce un culto del santo piuttosto diffuso anche nel nostro territorio, che ancor oggi vanta numerosi Valentino come nome proprio o cognome.
È certo che, a partire dall’Alto Medioevo, in tutta Europa i Benedettini si dimostrarono particolarmente devoti a Valentino ed alla Natura tant’è che celebrano il loro fondatore, san Benedetto, il 21 marzo, quando “la rondine vola sotto il tetto” ad annunziare la primavera. Molto dopo, nell’Ottocento circolavano ancora proverbi che ricollegavano il santo al mondo della natura: “Per san Valentino l’allodola fa il nidino”, “Per san Valentino la primavera sta vicino”, “Per san Valentino fiorisce lo spino”. Tradizione ormai scomparsa ma sempre legata al mondo della Natura, quella dell’Italia centromeridionale: nel giorno di san Valentino si regalavano le margheritine, che fioriscono proprio in febbraio. E rinviano alla semplicità ed alla povertà del mondo rurale opposta all’esaltazione della ricchezza tipica della nostra età, di cui oggi il santo, involontariamente, è diventato un’icona. Tant’è che, nel nome del consumismo oggi imperante, il regalo più accettato resta pur sempre un fiore, la rosa. Se rossa, più gradita. Ma più costosa. Ed anche sprecata. Forse, non guasterebbe regalare un po’ di rispetto in più per la Natura.