Pressanti minacce e un violento pestaggio ai danni di un imprenditore e di un suo collaboratore, perché volevano riprendersi un capannone acquistato durante un’asta giudiziaria, dopo una espropriazione immobiliare. Per questo la squadra mobile della questura di Bari e il commissariato di Bitonto hanno arrestato e portato in carcere quattro persone, ritenute responsabili di tentata estorsione: si tratta dei bitontini M. C., D. e F., rispettivamente di 53, 26 e 57 anni, e del 47enne A. L. Il giudice ha anche contestato l’aggravante del metodo mafioso, perché gli arrestati si sarebbero “avvalsi di metodi tipici delle consorterie di stampo mafioso facendo ricorso a intimidazioni idonee a porre in condizione di assoggettamento e omertà i destinatari delle violenze e minacce, avvalendosi del contributo di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata locale” bitontina e barese, si legge nell’ordinanza firmata dal Gip Nicola Bonante. L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha avuto avvio dalla denuncia dell’imprenditore, che ha raccontato di aver subito numerose e pressanti minacce dopo l’acquisto, nel maggio 2022, di un capannone a seguito di un’asta giudiziaria: i locali sarebbero serviti per allargare la propria attività – attigua all’immobile – sita sulla Strada provinciale 231. Gli arrestati avrebbero costretto l’imprenditore a restituire il capannone, in passato di proprietà della cognata di due degli arrestati, alle condizioni economiche da loro imposte. Alla vittima è arrivato l’invito “a restituire il capannone” attraverso “minacce di morte o di far saltare il capannone”. E ancora, per tramite di un’altra persona, il denunciante “apprendeva che un individuo (L., ndr) aveva minacciato il suocero, intimandogli di restituire il capannone dei Monte altrimenti lo avrebbe ‘pulito’ (ucciso, ndr) sferrandogli poi – si legge nell’ordinanza – una testata sul naso procurandogli lesioni personali”, consistite in un trauma nasale. L’imprenditore avrebbe anche ricevuto “dirette minacce di morte da C. M. durante un incontro” in un bar nel pieno centro di Bitonto “se non avesse ceduto l’immobile”. Inoltre, sarebbero stati “bloccati i lavori per l’installazione nell’area del capannone del sistema di videosorveglianza” appaltati dai nuovi proprietari “in quanto C. M. presentatosi sul posto, minacciava di infondate denunce”.