«Spatriato è il participio passato del verbo spatriare, che sta per andar via o, come dice la Treccani, cacciare dalla patria. In alcuni dialetti meridionali, tra cui il martinese, ha altre sfumature, come incerto, disorientato, ramingo, stordito, senza arte né parte, in alcuni casi persino orfano: patria deriva dal latino e significa terra dei padri, dunque lo spatriato può anche essere chi è rimasto senza padre, o chi non l’ha mai avuto».
È lo stesso Mario Desiati, scrittore pugliese nato a Martina Franca 45 anni fa, ad illustrare con dovizia di particolari il termine che dà il titolo al suo ultimo romanzo, appunto “Spatriati”, Einaudi editore. L’opera, che ha trionfato al Premio Strega 2022, sarà presentata a Bitonto il prossimo 16 febbraio nella Sala degli Specchi del Palazzo di Città, a partire dalle 18.30. Dopo i saluti istituzionali del sindaco Francesco Paolo Ricci, la professoressa Mariangela Brancale dialogherà con l’autore.
A moderare sarà Mario Sicolo, direttore del “da Bitonto”. Organizzano la serata la storica testata cittadina – che quest’anno festeggia i quarant’anni di vita – e la Libreria del Teatro di Gianluca Rossiello. Sarà l’occasione imperdibile per conoscere uno dei rappresentanti più insigni della letteratura italiana contemporanea ed un libro che è uno scrigno di sogni e tormenti, avventure ed emozioni, meraviglie e verità.
Hanno scritto di lui: «Desiati, come solo i grandi scrittori sanno fare, tratteggia il ritratto di quell’animale strano che è l’uomo, un groviglio abitato dal bisogno, che sa come soddisfare, e dal desiderio che non sa definire perché è sconcertante e irriducibile ancorché essenziale e ritornante nella sua esperienza», Antonio Sanfrancesco, Famiglia cristiana.
«Desiati, a differenza di altri contemporanei, pur nel racconto in prima persona, rifugge dai modi dell’autofiction e delle ibridazioni narrative, per insistere, non senza rischi, su un peculiare e coerente formato di romanzo tradizionale, che ha anche l’ardire di misurarsi con temi massimalisti – l’amore, la famiglia, la terra d’origine, la giovinezza andata – e di pizzicare le corde del sentimentalismo e del lirismo», Enzo Mansueto, Corriere del Mezzogiorno.
«Il romanzo dello scrittore pugliese riscatta quel micro biografismo tanto criticato dalle cosiddette penne di statuto – e non di stato – invecchiate come vino al buio, e porta con sé la rivalsa di una generazione in bilico», Matteo Bianchi, il Sole 24 ore