Alla fine, dopo che la croce e il rosario erano diventati un puntino nell’azzurro, il cuore fatto di palloncini, colorati come il cielo e le ali degli angeli, è rimasto lì, cullato dal vento, aggrappato, con una misteriosa forza bambina, alla ringhiera del balcone al quarto piano dell’alto condominio all’angolo. Ché mica se ne voleva andare da questa terra. La sterminata piazza era gremita di gente affranta, col naso all’insù, che aveva seguito la messa con profonda mestizia. Un ragazzo, battuto da memore strazio, stava abbandonato all’inferriata del giardino che introduce alla cripta, e singhiozzava disperato ogni volta che sentiva i nomi di Tomas, Ale, Floriana ed Ezia. “Dove siete? Dove siete, adesso”, sembrano chiedersi tutti senza parlare. Due ragazze hanno ascoltato le parole consolanti dell’arcivescovo, dei sacerdoti e del sindaco, perennemente intrecciate in un abbraccio infinito, quasi non volessero farsi sfuggire i ricordi. Un uomo stropicciava fra le dita un fazzolettino e, forse, si sentiva un po’ di quei quattro giovani serrati per sempre nelle candide bare. Una panchina in legno sembrava troppo piccola per ospitare tutte quelle ragazzine che si stringevano ancora di più in un oceano di pianto. Una donna, con gli occhi socchiusi, ogni poco carezzava piano la foto della più piccola di tutti, sul manifesto ritratta in tutta la sua bellezza. Al momento del “Padre Nostro”, è sceso un silenzio antico su tutto quel vasto mattonato e la preghiera si è fatta ferita, dolente invocazione. Al termine della cerimonia funebre, la folla triste si è spaccata per far passare ed avvolgere d’amore i feretri, che resteranno per sempre nella culla del cuore della città…