La lettera aperta di Mons. Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Bari-Bitonto, rivolta non molto tempo fa alla nostra città per esprimere una ferma condanna degli ultimi eventi criminosi, ci invitava a non arrenderci alle logiche distruttive della criminalità e ci esortava a riflettere sulla responsabilità individuale adatta a rimuovere quella indifferenza che sempre più caratterizza il nostro modo di essere comunità civica.
Di qui le urgenze sottolineate in quel messaggio: l’urgenza di risvegliare le coscienze e di mettere mano alla carità civile, l’urgenza di adoperarsi per una Bitonto fatta di persone belle e di “pietre” vive, l’urgenza di un impegno corale capace di recuperare ad una vita dignitosa tutte quelle sacche di marginalità che offrono manodopera a buon mercato alla criminalità, l’urgenza di riappropriarci di quanto ci appartiene e di edificare percorsi ricchi di alleanze educative mirate al bene comune senza cedimenti alle tentazioni quotidiane della contesa politica.
L’altra sera nel parco della ‘Contessa’, in occasione dell’incontro voluto per ricordare l’audace azione politica dell’indimenticato Guglielmo Minervini, l’effervescente Stefano Massini, da par suo, ha intessuto una serie di racconti di vite segnate dall’audacia e dalla contraddizione: audacia, quale virtù rivoluzionaria dell’osare in sprezzo di ogni pericolo e rischio, e, dunque, quale passo fondamentale per chi vuole un effettivo percorso di crescita e di miglioramento della città; contraddizione, come impegno a *contra-dicere, ossia non a parlare contro qualcuno, ma a ‘contra-stare’, cioè ad abbandonare la condizione di spettatore e lasciarsi coinvolgere dalla dinamica drammatica e feconda della contraddizione, il che equivale a dire accettare di avere ‘la contraddizione dentro’, come dice Franco Cassano, e vivere “una condizione permanente di tensione” che non permette la comoda posizione dell’indifferenza o l’esenzione dalla responsabilità.
Proprio così, occorre un sussulto di consapevolezza e di partecipazione che non sia circoscritto alla aspirazione o alla ambizione di ricoprire ruoli politici, ma sia rivolto a guardare lontano.
Dalla crisi non si esce con attacchi al sindaco, con l’esasperazione dei conflitti e lo spirito di contesa, si può uscire solo praticando rinnovata solidarietà e nuova amicizia civica, avendo per certo che solo così si potranno superare le attuali incertezze e inquietudini.
Non si abbiano interessi di parte da difendere o mire che soddisfino l’ambizione di un egotismo sviscerato, ma bene comune da pro¬muovere.
E il primo bene comune di cui la città ha bisogno consiste in un rinnovato e rafforzato senso civico che metta all’angolo quelle drastiche separazioni tra le sue componenti sociali che si sono prodotte. Finché non riconosceremo che la crisi si annida nei comportamenti individuali e particolaristici, non impareremo che da lì inizia il riscatto che potrebbe far vedere la luce.
Occorre ridare la carica a questo nostro paese per andare oltre la condizione di passività e di inerzia, recuperare con risolutezza la nostra memoria collettiva e un maggior senso di responsabilità sociale e di impegno civile.
Non saranno mai gli eserciti invocati a snidare le devianze minorili, ma una politica che si curi dell’abbandono scolastico che è una grossa piaga che s’accresce nella totale indifferenza di noi altri. E se gli spacciatori di droga infestano e infettano la città, è bene non ignorare che intanto ci sono perché ci sono i consumatori che vanno in cerca di loro.
È in gioco la città come luogo di inquinamento fisico, ma anche come luogo di inquinamento morale.
È in gioco la città come luogo di insicurezza, e serve una città che soddisfi i bisogni dei cittadini, specie di quelli particolarmente deboli e fragili.
È in gioco la città come luogo sempre più segnato dalla sparizione progressiva di luoghi di discussione pubblica su questioni di comune interesse, e serve una città che sia caratterizzata dalla esigenza di libertà e di critica propositiva piuttosto che dal bieco conformismo.
È in gioco la città attraversata da forme di aggregazione legate al consumo e al divertimento e sempre meno determinata dalle relazioni sociali dei suoi abitanti o non capace di una valorizzazione dei “luoghi comuni” entro i quali svolgere la propria esistenza individuale e sociale, mentre servono spazi cittadini che stimolino e promuovano la condivisione e la partecipazione e diventino luoghi idonei a concertare iniziative e a condividere “ideali e valori”.
A prescindere dagli interventi necessari di Forze dell’ordine e di Procura, occorrono audacia e contraddizione ovvero bisogna saper oltrepassare gli egoismi e le malversazioni che in questa nostra città sono sempre in agguato e all’opera.