Un regalo all’incontrario.
Impacchettato con cura certosina, per essere sicuro che quel dono non violasse i confini della confezione troppo presto.
Mittente: un ragazzino di 12 anni. Destinatario: suo padre. Stupore misto a felicità per lui. Dentro, uno smartphone appena acquistato. Che torna indietro.
Forse ne avrebbe voluto riceverne uno di ultima generazione, il piccolo? Macché. “Basta, mi voglio disintossicare”.
Già, proprio così. Sgrommarsi di dosso tutta quella congerie di likefacebookinstagramtwittercondividi che ponderosa ammanta la nostra anima, di fatto improgionandola.
E allora cosa sarà il contrario di un telefonino? La libertà di sognare, di guardare un tramonto senza necessariamente fotografarlo? La gioia di vivere un’emozione senza farlo sapere al mondo, ma tenendola semplicemente nel cuore? L’ebbrezza di perdersi anche solo per un attimo senza che qualcuno ti chiami per sapere dove sei?
Ecco, non sappiamo bene, anzi, quasi quasi noi adulti manco ci ricordiamo più cosa sia fare senza questo aggeggio. E ci sentiamo degli incorreggibili idioti quando ci sorprendiamo a pensare che, forse, alla decisione mirabile del fanciullo vorremmo mettere “mi piace”. Sì, ma dove, se non ha più il cellulare?
Se, facendo tesoro del suo esempio, lo imitassimo, invece, avremmo già fatto un passo importante verso il recupero di noi stessi…