È risaputo che il presepio (è la grafia suggerita dal Vocabolario degli Accademici della Crusca, 1612), simbolo del Natale, è dovuto a san Francesco d’Assisi. Il quale, secondo quanto riporta Tommaso da Celano nella sua Vita di san Francesco (1228 circa), in un freddo giorno di dicembre del 1223, allestì una scenografica “sacra rappresentazione” della Natività di Gesù con personaggi in carne ed ossa a Greccio, cittadina umbra a lui particolarmente cara. Regnava allora Frederico (questa la grafia preferita dal diretto interessato) II di Hohenstaufen, accomunato al poverello di Assisi da una carismatica ed eccentrica personalità. Il Santo e l’Imperatore non si incontrarono mai, malgrado una leggenda di poco successiva alla morte del primo, priva però di alcun fondamento storico, asserisse che Frederico volle mettere alla prova la santità di Francesco, suo ospite nel castello di Bari, rimanendone clamorosamente smentito. Ma ebbero stretti rapporti sia pure indiretti. I Minori, infatti, dimostrarono talvolta un certo rispetto, per non dire una chiara simpatia, per Frederico, come attesta un convinto francescano, Salimbene de Adam, che, nella sua Cronica, riconosce la grandezza ed il fascino dello Svevo, pur condannandolo per la lussuria e la cattiveria. Da non dimenticare, poi, che lo Svevo, nel 1225 – 29, provò a realizzare quell’incontro pacifico fra Cristianesimo e Islam, già tentato solo qualche anno prima (1220) da Francesco, durante il suo soggiorno in Palestina. La rinunzia ad una sanguinosa e sanguinaria ennesima crociata contro i Mussulmani per una più proficua ed opportuna intesa diplomatica con lo stesso sultano, al Malik al Kamil, che tempo prima aveva accolto l’Assisiate, però, non giovò affatto all’Imperatore, prontamente scomunicato dal Papa, Gregorio IX. Francesco d’Assisi, comunque, all’epoca era già morto da tre anni ma la sua fama era pari (se non superiore) a quella dell’ imperatore tanto da far circolare una vasta letteratura agiografica di cui la Vita di Tommaso da Celano sopra ricordata è una delle opere più attendibili perché il suo autore conobbe il santo di persona e ne fu discepolo fedele. Pertanto, non dovrebbe essere dubbia la notizia del presepio messo in scena dal poverello d’Assisi per il 25 dicembre del 1223 a Greccio, sia pure in una maniera alquanto insolita. Infatti, Tommaso afferma che Francesco chiese ad un amico del luogo, un certo Giovanni, di preparare una “sacra rappresentazione” della Natività nella quale mancavano, però, Giuseppe e Maria. Ma erano presenti il bue e l’asinello, che, invece, non sono affatto ricordati nei Vangeli di Luca e Matteo, gli unici apostoli che accennano alla nascita di Gesù in una mangiatoia (un “presepio”, appunto), ma sono citati (insieme alla stella cometa ed ai Re Magi) nel Vangelo apocrifo dello pseudo Matteo, opera condannata e rifiutata ufficialmente dalla Chiesa fin dal 325 d. C.. Servendosi del resoconto dello pseudo Matteo sulla nascita di Gesù, Francesco confermava così la sua simpatia per certe tendenze ereticali ma, soprattutto, crediamo fosse, forse, suggestionato da quanto appreso da ragazzo sul conto dell’Imperatore svevo, più giovane di lui di soli dodici anni. Infatti, la nascita di Frederico era stata, per l’epoca, un avvenimento straordinario, molto celebrato e tanto interpretato in quanto il bambino, figlio di due esponenti di potentissime casate regali, era l’unico erede degli Hohenstaufen di Svevia e degli Altavilla di Sicilia; ma soprattutto perché la madre, Costanza d’Altavilla, era quarantenne quando lo aveva dato alla luce: età alla quale non era possibile avere un figlio se non per intervento divino (vedi sant’Anna) o del demonio (vedi l’Anticristo). Tant’è che la non più giovane principessa normanna per sconfessare i (numerosi) detrattori della sua tarda gravidanza, come asserisce Ricordano Malaspini, cronista fiorentino della metà del Duecento e fonte autorevole per Giovanni Villani, ordinò di montare una tenda nella pubblica piazza a Palermo (non a Jesi, come ormai universalmente accettato) dove partorì coram populo il bambino. La leggenda del parto pubblico è ricordata da una bella miniatura presente in un’edizione manoscritta della Cronica di Giovanni Villani, databile al 1338: in essa l’imperatrice affida un bimbo in fasce a donne che (la) assistono nella tenda. L’espediente della sovrana, però, non servì a zittire i suoi detrattori, che, anzi, sostennero si trattasse del figlio di un’altra donna o, peggio ancora, del figlio del diavolo. Di qui l’accusa spesso rivolta a Frederico di essere l’Anticristo in persona. Ma c’è di più: Frederico era nato davanti ad un pubblico popolare il 26 dicembre 1194, cioè solo il giorno successivo a quello della nascita di Gesù. Un Gesù, che, è bene ricordarlo, come fa Tommaso da Celano, il santo assisiate a Greccio volle presentare senza i genitori per sottolineare il profondo amore per l’umanità dimostrato da un Dio, che aveva deciso di umiliarsi a tal punto da nascere povero, solo e derelitto. E (temporaneamente) orfano. Proprio come lo era diventato Frederico, solamente tre anni dopo la sua nascita, che era anche figlio unigenito! C’è da credere che queste sorprendenti analogie fra Cristo e Frederico, ampiamente diffuse nell’ immaginario collettivo dell’epoca, abbiano certamente colpito un giovane rampollo della borghesia comunale colto ed attento come Francesco, appena dodicenne il 1194. Che avrà anche seguito con attenzione l’evoluzione politica e carismatica dell’imperatore rimanendo suggestionato da una personalità i cui tratti eretici erano da tutti chiaramente conclamati. Insomma, il presepio, forse al di là delle intenzioni del suo stesso ideatore, si configurava come una “manifestazione eretica” sia nelle suggestioni che lo generavano sia nella volontà di ricollegarsi al popolo, di cui i pastori erano l’espressione più umile ed ignorante. Una prova per confortare tale ipotesi può essere fornita dal fatto che l’episodio del presepio di Greccio non compare più nella Vita (seconda) di Francesco, che Tommaso da Celano scrisse su incarico ufficiale del Capitolo dei Francescani e del Papa regnante: le gerarchie ecclesiastiche erano pesantemente intervenute per rendere più ortodosso anche l’operato (non solo il pensiero) di un santo in (forte) odore di eresia. Ma non riuscirono ad impedire che una sua “creazione” diventasse il simbolo più “popolare” del Natale fatto di luce, calore e … mistero.