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Home » La storia di Conrad, il tedesco innamorato delle nostre campagne e dei nostri ulivi

La storia di Conrad, il tedesco innamorato delle nostre campagne e dei nostri ulivi

"Gli alberi non sono in un ottimo stato purtroppo – ci confessa –. Quando arrivarono erano mal ridotti con all’interno tanti residui di immondizia, ci vorrà molto tempo perché si riprendano"

Viviana Minervini by Viviana Minervini
5 Dicembre 2015
in Cronaca
La storia di Conrad, il tedesco innamorato delle nostre campagne e dei nostri ulivi
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Alla
domanda “Perché lo fai?” Il signor Conrad Boelicke risponde:
“Perché sono idealista!”.

Bene. Questo arzillo signore di 64 anni, originario
di Wilsted, un paesino vicino Brema in Germania, è venuto a Bitonto per metter
su il “Museo in terra di Bari della
cultura dell’olivo”
.

Il luogo è ben nascosto tra le insenature e le
grandi distese di labirintici oliveti nelle campagne tra Palombaio e Palo del Colle,
in contrada Montella.

«Quando arrivai qui, quasi dieci anni fa– racconta Conrad – mi mostrarono questo
giardino meraviglioso ed abbandonato: due ettari di terra rimasta intatta come
duecento anni fa; tanto che la coppietta dei vecchi proprietari continuava a
scusarsi quando me l’ha venduto. Si scusavano perché gli alberi non erano ad
una distanza di 6 metri e 50 (
come prevede una norma dell’Unione Europea degli
anni ’60 affinché si possano richiedere dei finanziamenti, ndr) ma ad una di 14 metri e perché c’era ancora il trullo».

Il
campo poteva essere considerato antieconomico. Entrando si è affascinati dal
piccolo muretto a secco come un piccolo sentiero all’interno di un bosco, due
piccole nicchie votive – in cui Conrad ogni volta che arriva ci posiziona Padre
Pio e i Santi Medici (“perché se no li
rubano”
) – che termina con un possente trullo.

Santi
sono anche i periodi della raccolta: «Il
periodo migliore
è sicuramente quello
tra la terza domenica di ottobre e l’8 dicembre quando è pronta la cultivar
“ogliarola”e dall’8 in poi per la “coratina”
– ci dice Franco Devanna, intimo
amico di Conrad a Palombaio – come tutte
le cose belle e antiche del territorio il tempo è scandito dalle festività
religiose».

All’interno
del campo sono piantati 200 ulivi, 250 mandorli e alcuni alberi di pero, melo, melograno e noci, più una piccola vigna di buon Nero di Troia sui bordi
del reticolato: «È rimasto l’unica zona
ancorata al passato, un boschetto eterogeneo che come i vecchi tempi che poteva
dare sostegno ad intere famiglie; soprattutto per questo merita di essere un
“museo” della storia dell’agricoltura locale»,
dice soddisfatto il tedesco.

«Nella vita? Faccio il mercante
di olio»,
ci
risponde giocondo. «Ho cooperato con un
produttore di Palombaio (ed altri 19 imprenditori in tutto il bacino
mediterraneo): per i miei 80mila clienti sparsi in tutta la Germania non è solo
una questione d’acquistare un buon olio ma di avere un rapporto diretto con chi
lo produce. Organizziamo almeno un viaggio all’anno nell’ambito del progetto “Arte Fakt Palombaio I” in cui siamo
inseriti, nel periodo della raccolta in modo che vengano qui a prendere tra le
mani l’odore degli ulivi».

«C’è anche chi apprezza l’olio
prodotto in Grecia, Spagna e i tedeschi per questo sono risposti a pagare 2 – 3
euro in meno rispetto a quello italiano».

La
differenza? «Sta nei lavoratori: in
Grecia lavorano gli albanesi, i marocchini in Spagna e in Italia ancora gli
italiani ecco perché costa di più. In Toscana, per esempio, c’è un campo
situato su di una collina dove non si arriva con le macchine quindi costa molto
di più».

I
turisti, i padrini degli alberi, però, «vengono
qui a trovare il loro albero, lo adottano (tanto che si può anche regalare o
ereditare) a distanza come un bimbo, con tanto di etichetta sul tronco, e i
genitori controllano il suo stato di salute».
In effetti i turisti non
guadagnano e non gustano l’olio del proprio albero ma provano la bellezza di
impiastricciarsi di verde, di sentire gli odori delle nostre campagne. Con gli
introiti delle “adozioni” Conrad si occuperà di sistemare una vecchia cisterna
all’ingresso del fondo.

Tra
gli alberi c’è anche quello che rappresenta il nostro Comune, oltre che i due
alberi che erano stati posizionati all’ingresso di Palazzo Gentile e poi
spostati a marzo 2013 nel museo: «Gli
alberi non sono in un ottimo stato purtroppo – ci confessa –. Quando arrivarono
erano mal ridotti con all’interno tanti residui di immondizia, ci vorrà molto
tempo perché si riprendano».

Certo
il futuro sembra incerto, la disoccupazione giovanile supera il 30% ma da
questo e da molti altri esempi  pare che non tutto è perduto.

Anzi
che forse bisognerebbe partire proprio dall’inizio, proprio dall’origine.

Dalla
terra. 

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