DI CARMELA MINENNA
Si fa un gran parlare di fenomeni meteorologici estremi. Anche il patrimonio lessicale si è attrezzato per creare neologismi che di fatto rimarcano la novità e la pericolosità di talune situazioni climatiche ed ambientali, su cui si proiettano le ombre di un catastrofismo figlio di ‘tempi nuovi’.
A ben vedere, i ‘tempi’ dei fenomeni estremi non sarebbero così tanto ‘nuovi’ se già alla fine dell’Ottocento la colonnina del termometro supera a Bitonto i 40°. Il caldo soffocante infiamma – è il caso di dire – un’intera città che scende in piazza per dare voce alla disperazione e alla devozione. Questi i fatti.
È il 17 agosto 1887. Ore 12.00. Bitonto scende in piazza e grida il suo bisogno d’acqua. Da giorni la temperatura tocca i 42°. La situazione è insostenibile. Il popolo boccheggia. Gli ulivi hanno accartocciato le foglie. Le riserve idriche sono esaurite. Al culmine della disperazione “una turba di popolino d’ambo i sessi invase la Cattedrale” – così racconta una inedita cronaca – “ed a viva forza tolse la Immagine della Protettrice Maria SS.Immacolata e processionalmente la trasportò in piazza Plebiscito”. E non finisce qui. “La turba si recò nella chiesa di S.Teresa” con un preciso obiettivo: prelevare il Cristo Nero per esporlo alla venerazione, sulla pubblica piazza, al fianco della Patrona. E a questo punto accade l’impensabile: un assalto alle cererie, per fare incetta di candele ed illuminare la piazza con torce di penitenza e di speranza. E poi i pianti, le grida, le preghiere, perfino il vescovo e le forze dell’ordine chiamati a ricomporre la calma.
Si conclude così il ‘pomeriggio bollente’ di un torrido 1887, così lontano dall’animo ‘sopito’ dei nostri tempi, così vicino ai fenomeni estremi del nostro tempo.