Avrebbero offerto “protezione mafiosa“, al costo di 15mila euro mensili poi ridotti a tremila grazie alla mediazione del clan Parisi, a un imprenditore di Grumo Appula titolare di un centro scommesse. Che, poi, li ha denunciati. Con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, i Carabinieri, per questo, hanno arrestato quattro pregiudicati vicini ai clan Parisi di Bari e Cipriano di Bitonto. In carcere sono finiti i baresi Michele Parisi, 52enne fratello del boss di Japigia Savinuccio, e il 37enne Fabio Fiore; il 30enne bitontino Giuseppe Digiacomantonio – fratellastro del boss Cipriano – e il 43enne di Sannicandro di Bari Roberto Marchello.
La presunta vittima ha denunciato la richiesta estorsiva il 21 dicembre, raccontando di aver ricevuto, alcune settimane prima, una preliminare visita di Digiacomantonio e Marchello i quali gli avrebbero chiesto inizialmente 15mila euro al mese.
Digiacomantonio – si legge dalle carte – durante l’incontro con il gestore di Grumo “riferiva di essere il referente criminale di quel territorio e di essere uscito da poco dal carcere (leggi qui: https://bit.ly/35J40uL)”.
Il pregiudicato era informato anche sulla “volontà della vittima di aprire, di lì a poco, una nuova agenzia di scommesse a Molfetta ed asseriva che la sua influenza criminale copriva anche quel territorio. Quindi avanzava la richiesta estorsiva di 15 mila euro e, a conclusione del discorso, si alzava gli occhiali da sole, affermando testualmente ‘sono Giuseppe Cipriani di Bitonto’”.
Marchello accompagnava Digiacomantonio e rafforzava il suo “proposito criminale – si legge sempre dall’ordinanza – facendo riferimento al fatto che, se avesse acconsentito alle sue richieste, sarebbe stato tranquillo, non avrebbe avuto problemi, perché poteva fare il nome di Cipriani, che era rispettato nell’ambiente della malavita”.
Così, per eludere la richiesta di denaro, l’imprenditore contattava Fiore che conosceva come il “portavoce di Tommy Parisi”, il figlio cantante del boss Savinuccio: così, la vittima – che aveva già precedenti rapporti con il clan – riusciva ad avere un incontro con Michele Parisi. Inizialmente Fiore diceva di non preoccuparsi perché con lui “si trovava in una botte di ferro”, poi gli procurava un appuntamento (il 20 dicembre) con Michele Parisi, il quale, tuttavia, “riferiva alla vittima che la richiesta di Cipriani andava rispettata e quindi bisognava pagare […]. Per sanare temporaneamente la questione– spiega l’ordinanza –, avrebbe dovuto pagare subito cinque mila euro, fino a scendere alla cifra di due mila euro per il periodo di Natale e poi, ogni due mesi, la somma di tre mila euro” . In questo modo, insomma, si sarebbero garantiti almeno 100 euro per ogni slot machine installata all’interno dell’esercizio commerciale.
A quel punto l’imprenditore ha deciso di rivolgersi ad una associazione antiracket e, su loro sollecitazione, di denunciare. L’indagine dei carabinieri, coordinata dalla Dda di Bari, ha portato in pochi giorni all’arresto dei quattro. La misura cautelare è stata emessa dal gip del Tribunale di Bari Luigia Lambriola.