«Mi sono arruolato nell’Arma dei Carabinieri a 18 anni e, nonostante tutto, credo ancora nelle istituzioni. Il lavoro che noi rappresentiamo non è quello che vediamo nel film».
A parlare è Riccardo Casamassima, il carabiniere che, con la sua testimonianza contro alcuni suoi colleghi, ha permesso che, nel 2014, fosse riaperto il caso della morte di Stefano Cucchi. Abbiamo avuto modo di ascoltarlo ad Andria, sua città natale, in occasione della proiezione, da parte dell’associazione IdeAzione, del film “Sulla mia pelle”, prodotto da Netflix, che riassume quella che è stata una pagina vergognosa della storia italiana e delle sue forze armate. Il geometra romano fu fermato dai Carabinieri nell’ottobre 2009 per detenzione di stupefacenti e morì dopo sette giorni di custodia cautelare, dopo un pestaggio da parte dei carabinieri.
«Non si capisce il motivo per cui delle persone hanno fatto tali azioni su un ragazzo che era entrato sano in caserma e che sarebbe dovuto tornare vivo a casa, ma invece è morto» ha aggiunto il ragazzo che, alla domanda sul perché testimoniare dopo tanti anni dall’episodio, risponde: «Non avevo seguito l’iter del processo. Ho deciso di testimoniare nel 2014 quando vidi condannare persone innocenti. Era fondamentale per dare la verità ad una famiglia che la stava cercando in modo disperato. Fu una scelta combattuta perchè prevedevo eventuali problematiche che poi si sono verificate. Dopo la deposizione in aula, mi è arrivato il trasferimento, fatto per danneggiarmi. È stato un demansionamento».
Casamassima, che si è mantenuto vago in quanto impossibilitato a raccontare dettagli e rilasciare interviste, essendo in corso un processo, ha sottolineato, inoltre, come, della vicenda, uno degli aspetti peggiori che passa è il messaggio sbagliato: «Chi vuole denunciare, potrebbe essere intimorito da quello che mi è successo e desistere per non compromettere la famiglia (lui ha una moglie e dei figli piccoli, ndr)».
«Mi auguro di poter continuare a rimanere nell’arma» ha concluso, con un messaggio di vicinanza alla famiglia Cucchi che «ha bisogno del sostegno di tutti quanti. Ora le idee sono chiare, ma hanno bisogno della vicinanza di tutti. Anche tramite social networks che se usati bene, possono avere potere in qualsiasi contesto».