Il diario è un’agenda segreta dell’anima.
Ad esso chi scrive affida ansie e progetti, sogni e affanni. Insomma, può essere il testo sacro del cuore di ognuno di noi.
Pensate ora cosa può essere stato per un militare italiano finito in un lager nazisti per essersi rifiutato di collaborare con la Wehrmacht e per aver confermato la sua fede alla patria italica.
In quei giorni bui e uguali, per il tenente Riccardo Tursi, uno degli Imi destinati ai campi di concentramento, doveva essere tutto quel diario. Che ha attraversato mille strade, cento cieli e decine d’anni prima di finire tra le mani del solito, incorreggibile, mal vissuto bitontino che ha pensato bene (cioè malissimo) di trafugarlo dalla emozionante mostra curata dall’avvocato Laura Fano in corso presso l’istituto tecnico industriale “A. Volta”. La preside, la prof.ssa Giovanna Palmulli, ha già esposto denuncia alle autorità competenti.
Ma non è questo il punto.
Si fa presto a dire “memento” et similia, il problema resta il cuore marcio dell’uomo contemporaneo, ormai incapace di comprendere il valore vero delle cose, specie di quelle nelle quali ancora palpita dolente l’eco di lacrime e sorrisi…