Nella notte è venuto a mancare Gugliemo Minervini, già sindaco di Molfetta, e assessore della regione puglia nella giunta Vendola e fino a ieri consigliere regionale.
Aveva 55 anni, era stato allievo di Don Tonino Bello che gli ha acceso la passione per l’impegno civile. Da anni lottava contro il cancro e domenica scriveva su Facebook una sua riflessione combattiva e presente anche “dentro il mistero della malattia”.
Testimoniava laicamente il suo portato cattolico e credeva fortemente nel riscatto della sua terra e di tutto il Mezzogiorno affidandosi, per dirla con lui, soprattutto ai bollenti spiriti e ai principi attivi delle nuove generazioni.
E’stato un Maestro di più generazioni a cui hai insegnato che la Politica é una cosa bella.
Per tutti era Guglielmo, con il suo stile rigoroso e mite. Con la sua sensibilità umana e politica, fatta allo stesso tempo di fermezza e disponibilità al dialogo.
Sentiva il rischio che il tempo che viviamo ci avesse abituato ad una politica che spesso riempie il vuoto di idee e di programmi con il surrogato di leadership carismatiche e solitarie. Pensando di poter recuperare il consenso che la politica ha progressivamente perso coltivando il mito di un populismo buono e decisionista che affida al capo, e solo a lui, la responsabilità di guidarci fuori dalle difficoltà.
La realtà si è spesso incaricata di fare giustizia di questa illusione.
La leadership è certo un elemento essenziale e decisivo della politica moderna, ma serve a poco se non incarna qualcosa di più profondo di un’emozione superficiale e contingente.
E proprio su questi aspetti Minervini ci ha aiutato a recuperare una dimensione più vicina allo spirito originario della militanza politica, ci ha consegnato l’idea di un’avventura comune, dove ognuno è importante. Dove ognuno può sentirsi impegnato e protagonista di un progetto che può affermarsi prima di tutto perché è condiviso.
Conoscevo Guglielmo da più di 20 anni ed era visibile in tutta la sua esperienza politica una dote non comune: la capacità di tenere assieme la mitezza e il coraggio, la competenza e la conoscenza dei problemi con un autentico spirito di servizio, retaggio di una formazione giovanile che ha potuto contare, come dicevo prima, su maestri come don Tonino Bello.
Guglielmo Minervini ha fatto bene alla politica, ed anche se non ne faceva più parte ha fatto molto bene anche al Pd ed ovviamente alla sua Puglia. Credeva nelle possibilità di riscatto della Puglia, attraverso politiche pubbliche che liberassero le potenzialità latenti, nello straordinario giacimento di risorse, energie e competenze come leva del cambiamento. Da assessore alle politiche giovanili, con Bollenti Spiriti aveva fatto parlare l’Italia intera e dimostrato che accendendo la scintilla di una generazione, garantendo un’istituzione compagna di viaggio dei sogni e dei desideri dei giovani pugliesi, quella forza poteva diventare un travolgente strumento del cambiamento sociale. Fu tra i primi a sollevare il tema del caporalato e la necessità di chiudere il ghetto di rignano garganico che viveva come un’onta per una terra che lui amava profondamente. Ed è incredibile che proprio ieri, poche ore prima della sua scomparsa, il Senato abbia approvato il provvedimento di contrasto del caporalato.
Minervini ha combattuto fino all’ultimo, non cedendo mai di un millimetro rispetto al suo ruolo pubblico, alla tensione etica che guidava la sua azione, anche quando la malattia mostrava il suo volto più feroce. Per tanto tempo ha trasformato il reparto di ematologia del policlinico di Bari in una sede distaccata dell’assessorato, coi suoi giovani collaboratori che correvano per riunioni e incontri e per non perdere mai il filo di un lavoro che Guglielmo ha sempre vissuto come una missione.
Come ha sottolineato un amico, il sindaco di Ruvo, Guglielmo ha anche avuto la forza e la determinazione di lasciarci quello che oggi appare come un vero testamento politico pubblicando, pochi mesi fa, il suo saggio – bellissimo – sulla Politica generativa.
Ma a tanti, a noi, e a me, questo non basterà
Non basterà a lenire il rimpianto per un uomo che ha attraversato la politica indossando l’abito del monaco delle cose e testimoniando la propria fede religiosa per cercare di tenere sempre al centro della scena il valore della persona umana.
D’altronde a cosa serve la politica?
Minervini è figlio di una grande tradizione politica che ha in Mounier , Maritain, Dossetti, Lazzati e Aldo Moro importanti punti di riferimento per un paese ancora fragile. E parafrasando San Paolo: Ciao Guglielmo, hai combattuto la tua battaglia e non hai perso la fede.