Camminare
per il centro storico bitontino, si sa, può sempre regalare
l’emozione di scoprire più o meno piccole tracce di storia. Ogni
angolo può nascondere segni della Bitonto che fu, suscitando
curiosità e voglia di apprendere.
Proprio
qualche giorno fa, passeggiando lungo via Rogadeo, all’altezza della Galleria De
Vanna, ad un certo punto, un piccolo particolare cattura la mia
attenzione.
Trattasi di un semplice santino elettorale, rovinato dal tempo, ma
non troppo, affisso su una porta di locale che mostra di non essere
stata aperta negli ultimi decenni. Inizialmente non faccio molto
caso. Capita spesso di vedere santini e manifesti attaccati
abusivamente che sopravvivono per anni alle campagne elettorali.
Ma, avvicinandomi, qualcosa mi colpisce. Il santino invita a votare per il
Senato della Repubblica Gaetano Scamarcio, candidato per il Partito
Socialista Italiano, senatore per ben tre legislature dal ’76 all’87,
con diversi incarichi nelle varie commissioni, tra cui la commissione
d’inchiesta sull’assassinio di Aldo Moro.
«La
conferma di un impegno»
recita lo slogan. C’è persino il famoso garofano rosso che, a
partire dagli anni ’80, con la svolta craxiana, aveva sostituito
falce e martello.
«Perbacco,
quel partito non esiste più da oltre venti anni. Il santino starà
lì almeno dal ’92, anno delle ultime elezioni politiche a cui
partecipò il vecchio Psi»
osservo stupefatto, ricordando che il Partito Socialista Italiano non
sopravvisse al crollo della Prima Repubblica, quando la politica
italica dovette fare i conti con inchieste della magistratura e
spinte riformiste e antipolitiche che spazzarono via quel che restava
dei vecchi partiti di massa.
Si
sciolse il 12 dicembre ’94 e, dopo la diaspora socialista, risorse
nel 2007 con simbolo diverso, ma con una forza elettorale nettamente
inferiore al suo antenato.
Mi
collego ad internet, spinto dalla curiosità. Ma nel ’92, il senatore
andriese, scomparso nel settembre 2014, non si era candidato. Torno
indietro di cinque anni, alle politiche precedenti, nell’87. Ma anche
qui di Scamarcio non c’è traccia.
Anzi,
come si legge sull’archivio storico del Corriere della Sera, in un
articolo del 2005 firmato
dal celebre giornalista piemontese Sergio Rizzo, autore insieme a
Gian Antonio Stella, del libro “La Casta”, in quell’anno
«la
sua carriera parlamentare si era interrotta nel 1987, quando dovette
cedere il collegio di Bitonto al capo della segreteria politica di
Craxi, Gennaro Acquaviva. Come risarcimento gli fu promessa la
presidenza della Fime, la finanziaria meridionale allora guidata da
Sandro Petriccione. Ma il disegno non andò in porto».
Da
allora alcune inchieste della magistratura, in cui era coinvolto, lo
tennero lontano dalla politica.
«Dunque– rifletto – quel santino è attaccato a quella porta dal
1983». In quell’anno infatti si tennero le ultime elezioni
politiche a cui Scamarcio partecipò. E furono le prime in cui il Psi
gareggiò con il simbolo del solo garofano rosso. Alla precedente
tornata elettorale del ’79 il fiore era accompagnato dalla falce e
dal martello, mentre, nel ’76, il simbolo del socialismo sovietico
spadroneggiava ancora indiscusso.
Forse
all’epoca, sarà stata una mancanza di rispetto verso le
norme di affissione, ma adesso gli unici occhi con cui riesco a
guardare quel biglietto sono quelli rapiti e affascinati da una
testimonianza storica di un tempo ormai passato, indisturbata da ben
32 anni.